Visualizzazione post con etichetta F CORRIERE DELLA SERA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta F CORRIERE DELLA SERA. Mostra tutti i post

4 ottobre 2023

Gayatri Joshi coinvolta in un incidente stradale in Sardegna

Lo scorso 2 ottobre Gayatri Joshi, partner di Shah Rukh Khan in Swades, è rimasta coinvolta in un incidente stradale in Sardegna. L'attrice era in vacanza nel nostro Paese con il marito Vikas Oberoi. Oggi i media italiani hanno diffuso la notizia secondo cui Vikas sarebbe accusato di aver provocato l'incidente che ha causato la morte di due persone di nazionalità svizzera, e sarebbe indagato dalla procura di Cagliari con l'ipotesi di reato di duplice omicidio stradale.

Incidente Ferrari Sardegna, indagato l’uomo sulla Lamborghini: è il magnate indiano Oberoi (in auto con la star di Bollywood), Ferruccio Pinotti, Corriere della Sera, 4 ottobre 2023:

'Vikas Ranvir Oberoi (...) è indagato dalla Procura di Cagliari in seguito all’incidente stradale che ha causato due morti - una coppia di turisti svizzeri morti carbonizzati su una Ferrari - lunedì a San Giovanni Suergiu, nel sud Sardegna, durante un raduno di auto sportive di lusso. L’ipotesi di reato è duplice omicidio stradale che stando all’articolo 589bis del codice penale è punito con la reclusione da due a sette anni. Il miliardario indiano è stato iscritto dal sostituto procuratore di Cagliari (...) nel registro degli indagati con l’ipotesi di duplice omicidio stradale. Secondo la ricostruzione dell’incidente, (...) la Ferrari Portofino con a bordo i coniugi svizzeri di 67 e 63 anni avrebbe superato le auto incolonnate nonostante la striscia continua che indicava il divieto di sorpasso, ma la Lamborghini Huracan dei due indiani che la precedeva avrebbe fatto una manovra azzardata, oltrepassando la striscia continua e finendo con l’ostacolare la Ferrari. Poi il contatto, l’uscita di strada e il rogo, dove la coppia ha perso la vita. (...) Il magnate indiano e la moglie Gayatri Joshi, modella e attrice di Bollywood, sono rimasti illesi. (...) L’incidente è avvenuto durante il percorso che avrebbe dovuto portare le vittime al raduno di auto di lusso dopo aver percorso tutta la Sardegna fino a Olbia. Le due supercar erano partite dal Forte Village di Santa Margherita di Pula nell’ambito della Sardinia Supercar Experience, un raduno di auto sportive di lusso che si sarebbe dovuto concludere a Olbia'.

16 giugno 2023

Amitav Ghosh in Italia

Nelle ultime settimane Amitav Ghosh ha partecipato a diversi eventi in Italia. Di seguito le date:
- 27 maggio: nel corso della 14esima edizione dei Dialoghi di Pistoia, lo scrittore ha ritirato il Premio Internazionale a lui assegnato. Video ufficiale;
- 5 giugno: a Milano Ghosh ha inaugurato l'evento Pianeta 2030. Video Corriere della Sera;
- 15 giugno: l'università di Pisa ha organizzato un incontro con lo scrittore;
- dal 18 al 23 giugno: Ghosh sarà ospite dell'evento Ostana Res 2023 a Ostana (Cuneo). Il ricco programma prevede letture pubbliche, tavole rotonde e passeggiate. Video TGR Piemonte (aggiornamento del 22 giugno 2023).


Milano, giugno 2023

16 aprile 2020

Amitav Ghosh: "E adesso in India sprechiamo come qui da voi"

Vi segnalo l'intervista concessa da Amitav Ghosh a Edoardo Vigna, pubblicata dal Corriere della Sera il 30 marzo 2020. Amitav Ghosh: «E adesso in India sprechiamo come qui da voi»:

'Ora l’acqua alta non c’è più, e nessuno sembra interessato al problema per trovare una soluzione strutturale. Passata l’ansia, ci si gira dall’altra parte... Forse è umano, ed è un po’ ciò che succede con la crisi climatica. (...) Venezia, in particolare, dovrà accettare di convivere con l’acqua alta e le sue drammatiche conseguenze a lungo termine?
«Non è vero che nessuno parla dell’acqua alta, qui a Venezia. L’altra sera ero a cena in una trattoria, nel sestriere del Castello, e il proprietario mi ha portato a vedere fin dove è arrivata l’acqua a novembre. Per lui, e per tanti altri, è stata una catastrofe, anche dal punto di vista economico. Ma Venezia purtroppo, rappresenta in modo più ampio ciò che chiamo il “derangement”, lo sconvolgimento, il disordine del nostro tempo».

Cosa intende?
«Tutti sappiamo che questa città è una delle vittime potenziali del riscaldamento globale, se non riusciremo a fermarlo. Allo stesso tempo Venezia attira e vuole sempre più turisti, che rappresentano business e lavoro, e permette a gigantesche navi da crociera di arrivare fin nel cuore della città - cosa che considero terrificante per i danni che provoca alla laguna e all’intero ecosistema. Tutto ciò per me va al di là dell’immaginazione. Gli ecosistemi sono fragilissimi, e noi ormai lo sappiamo bene, eppure sembriamo non tenerne conto. Venezia cattura il “derangement” del nostro tempo anche in questo senso. Stavo poi passeggiando vicino alla basilica di Santa Maria della Salute, che è di fatto il più grande memoriale di una catastrofe che esista al mondo...».

Un ex voto alla Madonna eretto nel Seicento dai veneziani per la liberazione dalla peste che aveva decimato la popolazione nel 1630-31...
«Esatto. E pensavo: nessuno mai ha ipotizzato un ex voto contro l’acqua alta. Non siamo neppure capaci di realizzare quale tipo di disastro sta avvenendo al pianeta e a tutti noi. E una delle ragioni per cui accade è che nessuno può attribuirlo a un’entità superiore esterna a noi, a una astratta “Natura”. Siamo noi che lo stiamo causando, noi che lo stiamo facendo a noi stessi».

Lei ha scritto che gli alberi, come altri esseri non umani, parlano. Se la Terra potesse farlo, cosa ci direbbe? (...)
«La Terra ci sta già parlando, e in modo chiaro. Non è solo l’acqua alta, penso agli uragani, ai tornado... Voi dovreste saperlo più di altri. L’Italia è uno dei Paesi più colpiti al mondo dalla crisi climatica. Il vostro ecosistema è estremamente fragile. Guardi la Sicilia: uno degli effetti dei ribaltamenti climatici è che il deserto del Sahara si sta espandendo verso Nord, e forme di siccità colpiscono la vostra isola. L’acqua manca ormai anche nelle città, in più momenti durante la settimana. Ma nessuno ne parla: forse la Sicilia e i suoi problemi sono finiti ai margini del discorso pubblico italiano ed europeo. (...) È avvenuto di nuovo nel 2018 e nel 2019. Penso ai recenti incendi in Australia. In Italia è accaduto lo stesso: sono stato da poco in Puglia, a Lecce ho visto la distruzione degli ulivi per la Xylella. So che non è effetto diretto del climate change, ma in realtà c’è un collegamento. (...) Con l’Illuminismo abbiamo cominciato a pensare alle risorse del pianeta come a cose che usiamo e controlliamo. Oggi è chiaro che non controlliamo noi i combustibili fossili, sono loro che ci controllano: così profondamente connessi con la nostra vita ci manipolano. Nella storia, nella mitologia greca come in quella indiana, l’umanità ha sempre temuto il “drago sotto terra”: ecco cosa sono gli idrocarburi. E quando si sveglia il drago... Da questo deriva il caos in cui ci troviamo».

Lei ha distinto un approccio alle catastrofi climatiche “occidentale” e uno “orientale”.
«Sì, all’inizio del secolo scorso, c’era una differenza sostanziale nell’uso delle risorse naturali, nella gestione dell’economia, nel modo di affrontare i cataclismi. Un esempio per tutti: Gandhi si opponeva strenuamente all’economia industriale. Ma oggi quella distinzione non c’è più. Chi va in India, in Cina o in Estremo Oriente vede l’assoluta convergenza verso il consumismo e lo sfruttamento delle risorse come sono concepiti in Occidente. Il vostro pensiero è dominante in ogni senso. Questo è ciò che più di ogni cosa mi disturba».

In concreto cosa significa?
«Quando ero un bambino, a Calcutta, mi è stato insegnato a non sprecare mai niente. Non potevo uscire da una stanza senza spegnere la luce o il ventilatore. Mai. Sarei stato punito! Era una cosa davvero importante. Ora non c’è niente più di questo. È tutto finito. Gli indiani sprecano proprio come fate voi in Occidente. Elettricità, acqua... tutto. Mi ricordo la prima volta che sono andato in America, 33 anni fa, vedevo tutte quelle macchine per strada, ognuna con una sola persona dentro. Allora, in India era impensabile: in ogni auto c’erano almeno tre, quattro persone! (...) Ingenuamente pensavo: l’India non sarà mai così! Ma se va in qualsiasi città indiana vedrà che sono diventate come quelle americane».

Cosa è accaduto?
«Di base, con la caduta del Muro di Berlino, c’è stato il trionfo del neoliberalismo. E l’ideologia ha pervaso e convertito tutto e tutti. Ha conquistato le menti. Mi correggo: in India come in Cina c’è una parte della popolazione, contadini e fattori, coloro che hanno a che fare con la terra, che ancora hanno un approccio diverso al mondo, e questo vale anche in Italia e altrove. Sono le élites globali che la pensano diversamente. “Il popolo di Davos”. (...) Sono stato invitato a Davos due volte, una quindicina d’anni fa. Ci sono andato soprattutto per curiosità. Mi sono reso conto che le élites del mondo vanno davvero lì per dare un’occhiata nel futuro, cercare di capire i problemi, e stringere mani, perpetuando il proprio ruolo di élite. Ma lì ho capito che davvero non comprendono la vera portata di questo problema. Lo dissi, la seconda volta che ci andai. Non mi invitarono più... (...) La gente che va lì, i supermanager, i tycoon, i primi ministri, hanno una e una sola religione: la “crescita. Non conoscono nulla all’infuori di questa».

E non esiste nessuna possibilità di mettere insieme “crescita” e “ambiente”? (...)
«Ci sono stati molti tentativi di costruire una “crescita green”, ma nessuno mi sembra convincente. L’idea della “decrescita” è più facile da rendere compatibile, ma non vedo come i politici possano prenderla in considerazione. (...) In India come in Italia, un politico che si presentasse a dire: abbiamo avuto tanto, ora accontentiamoci per il bene del Pianeta, verrebbe bocciato». (...)

In fondo, se è già difficile portare i temi ambientali anche solo al cuore della letteratura...
«Molti scrittori l’hanno fatto. Il vero problema è che i loro lavori non vengono considerati come letteratura. Vengono bollati come fantascienza, come un genere a parte, mai come narrativa seria».

Lei perché ha deciso di farlo?
«Non avevo un piano... Il libro è partito come di solito fanno i libri. Ho attinto a tante cose che non avevo mai considerato, la storia è arrivata».'

14 novembre 2019

Amitav Ghosh: L'Isola dei fucili

L'Isola dei fucili è il nuovo romanzo di Amitav Ghosh, ambientato in parte a Venezia, pubblicato da Neri Pozza Editore. Lo scrittore in questi giorni è in Italia per la promozione del libro e per partecipare ad alcuni eventi dedicati al tema del cambiamento climatico. Stamattina Ghosh era a Lecce, domani sarà a Napoli, sabato a Verona e a Montecchio Maggiore (Vicenza), domenica a Milano ospite di BookCity 2019, lunedì a Torino. 
Vi segnalo l'intervista concessa dallo scrittore ad Alessia Rastelli, pubblicata ieri dal Corriere della Sera. Venezia, parla Amitav Ghosh: «Dal cuore dell’umanità un messaggio per tutti»:

'«Quello che sta accadendo a Venezia è un messaggio che arriva dal cuore del mondo. Venezia è stata centrale nella storia globale, la porta tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. Da lì si leva oggi sul resto del pianeta un avvertimento per il futuro». (...)
Che effetto le fa vedere Venezia davvero sommersa?
«Sono sconvolto. Conosco la città da quarant’anni e la amo molto. Nel 2015 ci ho anche vissuto: ero stato invitato dall’Università Ca’ Foscari. Quanto è successo era del tutto prevedibile, ma è avvenuto in modo molto più veloce di quanto potessimo immaginare: pensavamo che il cambiamento climatico avrebbe avuto un impatto sul mondo fra 15-20 anni, invece incombe già su di noi. Quello che perciò mi sciocca della marea record a Venezia è che diventerà sempre più “normale” per la città. Ora l’Italia si sta davvero confrontando con l’emergenza climatica: è qui tra noi e bisogna farci i conti».
Che cosa bisogna fare?
«Nel breve termine è necessario creare protezioni per difendersi dall’acqua, oppure dal fuoco: anche gli incendi sono un’emergenza in alcuni luoghi del mondo. Ne L’isola dei fucili parlo pure di Los Angeles in fiamme, ma non perché io sia un profeta: lo ripeto, sono fenomeni prevedibili. Quanto alle misure immediate, nel caso di Venezia penso ad esempio a barriere intorno alla basilica di San Marco che impediscano all’acqua di entrare».
E sul lungo termine?
«L’azione più importante è ridurre le emissioni di anidride carbonica. Sulla lotta al cambiamento climatico serve una strategia: a questo punto la questione è già provare a ritardarlo o, almeno, a prevenirne gli effetti peggiori».
Le immagini di Venezia allagata che fanno il giro del mondo, dopo quelle dell’Amazzonia in fiamme, avranno l’effetto di una chiamata all’azione?
«Ovviamente lo spero. Ma per quanto riguarda l’Italia credo che la consapevolezza del problema ci sia da qualche tempo, basti pensare alle alluvioni di Genova. Questo Paese è già, in vari modi, in prima linea sul fronte della crisi ambientale, non fosse altro per i chilometri di costa che senza dubbio lo espongono. Qualche passo si sta già facendo: mi sembra una buona idea quella di inserire nei programmi scolastici l’emergenza climatica».
Serve un maggiore coinvolgimento dell’Europa?
«Sì, assolutamente. Ma l’Italia è sempre stata un laboratorio di cambiamento, a volte nel bene, a volte nel male. Il suo impatto nel mondo è maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare in base al numero degli abitanti. Certo, al momento non c’è un partito verde che emerga con forza come in altri Paesi, ma non è detto che non possa accadere. E poi potete contare su una voce potente, che può fare la differenza: quella di Papa Francesco».'

Verona
Verona
Milano
Torino

20 agosto 2016

Contro Isis la musica di Bollywood

Vi segnalo l'articolo Contro Isis la musica di Bollywood, di Marta Serafini, pubblicato dal Corriere della Sera il 3 giugno 2016:

'Le chiamano operazioni di psychological warfare, guerra psicologica. Tecniche di disturbo impiegate per far innervosire il nemico e per diminuire la sua forza di propaganda. Secondo i quotidiani di Londra, le SBS, le forze speciali britanniche, e i Jsoc statunitensi stanno utilizzando un nuovo sistema contro i jihadisti. Chiave di volta per far saltare i nervi agli uomini del Califfato è la musica di Bollywood, già messa al bando dai talebani perché considerate blasfema. Risultato, accade che a Sirte, in Libia, dove i jihadisti hanno imposto la sharia (vietando tra le altre cose la musica), da automobili con altoparlanti piazzate vicino ai checkpoint di Isis partano all’improvviso delle canzoni hindu riprodotte a tutto volume. Orario preferito per «iniziare le danze», all’alba mentre i miliziani dormono. Ma non solo. Sulla scia delle operazioni di cyberwarfare lanciate in Libia di recente (...) i militari riescono a inserirsi nelle conversazioni via radio dei jihadisti e, anche in questo caso, fanno partire le canzoni con l’obiettivo di innervosire e disorientare il nemico. «Sono misure che stanno funzionando», ha dichiarato una fonte militare al Mirror. Che ha aggiunto: «Abbiamo anche studiato i loro tempi di reazione nell’individuare la fonte della musica, analizzando i loro punti deboli».' 

15 agosto 2016

Shah Rukh Khan: Il 're di Bollywood' e l'immigrazione

Vi segnalo l'articolo Il «re di Bollywood» e l'immigrazione. Se negli Usa la realtà supera il cinema, pubblicato oggi dal Corriere della Sera (sorvolo sulla fotografia): 

'Shah Rukh Khan è l’attore più famoso dell’India, e nel 2009 aveva recitato in un film in cui un indiano che arriva negli Usa deve convincere gli agenti che non è un terrorista. Ma per tre volte dal 2009 è stato davvero fermato per ore dai funzionari in aeroporto.
«Comprendo e rispetto appieno i controlli di sicurezza nel mondo in cui viviamo oggi, ma essere trattenuto dall’immigrazione americana ogni maledetta volta è davvero una seccatura». A parlare, via Twitter, è Shah Rukh Khan, 50enne attore indiano soprannominato «King Khan» o «re di Bollywood». Nella galassia scoppiettante e miliardaria dell’industria cinematografica indiana, Khan è il volto più noto. In India è una star così famosa che in certi casi si sfiora l’idolatria. Nel cinguettio dello scorso 12 agosto, Khan ha espresso tutto il suo disappunto e il suo lamento per l’ennesima esperienza di alcune ore di detenzione e controlli da parte del dipartimento all’Immigrazione degli Stati Uniti dell’aeroporto internazionale di Los Angeles. A dire il vero, Shah Rukh Khan non aveva menzionato il nome e la località dell’aeroporto in cui era stato trattenuto. A farlo, sempre via twitter, Rich Verma, l’ambasciatore americano in India, che si è voluto pubblicamente scusare col celebre attore per l’inconveniente: «Ci perdoni per il problema all’aeroporto di Los Angeles. Stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo. Il suo lavoro è fonte d’ispirazione per milioni di persone, anche negli Usa».
Il film che ha anticipato la realtà
In effetti quel «stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo» è indicativo: questa è la terza volta che il divo bollywodiano Shah Rukh Khan finisce nelle inflessibili grinfie dei controlli dell’immigrazione americana negli aeroporti. Dei buchi neri spazio-temporali in cui si viene sottoposti a sessioni di domande disparate che possono durare anche diverse ore. Dalle origini della propria famiglia - e un cognome come Khan, di origine mongola ma diffuso in tutta l’Asia centrale, soprattutto tra i musulmani, non aiuta - fino alle proprie abitudini e occupazioni. 
La piccola odissea personale di Shah Rukh Khan con l’immigrazione americana è iniziata nel 2009. E il primo episodio sembra davvero tratto dalla sceneggiatura di una commedia cinematografica: atterrato nello scalo di Newark, nel New Jersey, per promuovere il film «My name is Khan», Il mio nome è Khan, l’attore nato a Nuova Delhi è trattenuto per diverse ore nelle stanze dei controlli di sicurezza. Ironia della sorte, il film parla proprio della discriminazione razziale dei musulmani dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, in cui il protagonista interpretato da Khan finisce al centro di numerosi equivoci all’aeroporto di San Francisco dove deve lottare per convincere gli agenti che non è un terrorista. L’altro episodio nel 2012 a White Plans, New York, mentre stava andando a tenere un discorso agli studenti di Yale. Altra disavventura sopportata con stile: «Ogni volta che mi sento troppo arrogante, faccio un viaggio in America», ha detto alla giovane e divertita platea dell’università americana.
Una grande lezione di umiltà
Ma al di là del tweet di sfogo, anche questa volta il «re di Bollywood» ha poi reagito con grande eleganza e simpatia. Sempre attraverso il social network, ha fatto una sorta di piccola cronaca commentata dell’evolversi degli eventi. Con punte di raffinata ironia: «Il lato divertente della vicenda è che, mentre aspetto, posso catturare qualche bel Pokémon», mostrandosi un fan e un giocatore del gioco Pokémon Go. E a chi gli manifestava solidarietà insultando i funzionari dell’immigrazione dell’aeroporto e affermando che «anche il personale diplomatico americano è sottoposto a controlli extra», l’attore indiano ha dato una grandissima lezione di dignità e umiltà: «Non ci sono cretini (in aeroporto, ndr) signora. Rispetto il protocollo, non mi aspetto di esserne al di sopra. Apprezzo la sua cortesia, ma è solo un inconveniente».'

Ecco il testo originale del botta e risposta erroneamente tradotto nell'articolo: 
@NishaBiswal: 'Sorry for the hassle at the airport, @iamsrk - even American diplomats get pulled for extra screening!'
@iamsrk: 'No hassle madam. Respect the protocol, not expecting to be above it. Appreciate your graciousness, it's just inconvenient'
Nisha Biswal, di origini indiane, è una funzionaria del governo americano.


17 marzo 2013

I figli della mezzanotte in Italia

I figli della mezzanotte di Deepa Mehta verrà finalmente distribuito anche nelle sale del nostro Paese il 28 marzo 2013. Vi propongo la locandina e il trailer. In un'intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 15 marzo 2013, la regista dichiara: 'Il cinema italiano ha avuto un grande impatto sul mio lavoro di regista. E per I figli della mezzanotte ho pensato spesso a Il Gattopardo, a quel raccontare il dramma e la nostalgia sullo sfondo di una costante tensione politica. Così come ho amato i tocchi surrealisti de Il Conformista con cui Bertolucci ha inaugurato un nuovo modo di girare, capace di mescolare le passioni e i conflitti di un individuo con quelli della nazione'.
Vedi anche:

7 marzo 2012

Bollywood contro le multinazionali finto ecologiste

Vi segnalo l'articolo Bollywood contro le multinazionali finto ecologiste, di Marta Serafini, pubblicato ieri dal Corriere della Sera:
'Il greenwashing non ha davvero confini. E accade che anche le star di Bollywood cadano nella rete, diventando testimonial di aziende che si spacciano come verdi, ma che in realtà hanno ben poco a cuore l’ambiente. Come riferisce la ong Survival, il regista Shyam Benegal e la star cinematografica Gul Panag si sono ritirati da un concorso cinematografico ideato per testimoniare la «felicità» creata dal gigante minerario Vedanta Resources. E per l’azienda britannica, impegnata a cercare di recuperare la credibilità internazionale perduta negli ultimi anni, il tentativo di promozione si è trasformato in un autentico autogol.
Obiettivo della competizione era raccontare la «felicità» che Vedanta porta alle comunità locali. Tutti i film dovevano essere girati da aspiranti cineasti, accompagnati dalla stessa Vedanta a visitare le aree in cui la compagnia opera. Peccato che la realtà raccontata dalle organizzazioni indipendenti sia completamente differente. Per sfruttare i giacimenti di bauxite presenti sulle colline di Niyamgiri, nello Stato indiano di Orissa, la compagnia avrebbe del tutto ignorato i diritti della popolazione Dongria Kondh che vive nella regione. «Siamo il popolo della montagna. Se dovessimo andar via, noi moriremo», spiegano i membri della comunità. Una profezia che si potrebbe avverare: la miniera a cielo aperto della Vedanta devasterebbe le foreste, i fiumi che scorrono nel territorio nonché l’identità e la cultura dei Dongria Kondh mettendo fine alla loro esistenza.
Malattie, polveri sottili, soprusi. L’immagine della Vedanta necessitava di una rispolverata. E così è stato deciso di rivolgersi alle star di Bollywood e ai filmaker per raccontare una situazione completamente diversa da quella reale, fatta di scuole per i bambini, ospedali per la popolazione e medicine distribuite gratuitamente. Un'abitudine di numerose multinazionali: si ricorre a eventi mediatici, presentazioni e documentari per cercare di ripulirsi la coscienza ambientale, ma soprattutto cercando di ripulire la propria immagine. E spesso il tentativo va a buon fine. Questa volta però i nodi sono venuti al pettine. Gul Panag, incoronata Miss India nel 1999, ha appreso del coinvolgimento di Vedanta attraverso i social network. «Mio dio. Ho appena ricevuto tutti i dettagli», ha scritto l’attrice su Twitter. «Non sapevo che il concorso facesse parte dalla campagna auto-celebrativa di Vedanta... Mi tiro fuori».
Secondo fonti vicine a Shyam Benegal, i cui film hanno ricevuto nomination a grandi festival internazionali come quello di Cannes, il regista si sarebbe ritirato per motivi analoghi. Anche uno dei partecipanti ha chiesto il ritiro del suo film. Il concorso fa parte di una più ampia campagna di comunicazione di Vedanta denominata Creating Happiness (Creare felicità), diretta dall’agenzia pubblicitaria internazionale Ogilvy & Mather. E arriva in un momento cruciale della vicenda. Il 9 aprile è attesa infatti la sentenza del ricorso in appello inoltrato dalla Orissa Mining Corporation Ltd contro la decisione del governo dell’India di non autorizzare attività minerarie sulle montagne di Niyamgiri'.

29 febbraio 2012

Aravind Adiga: L'ultimo uomo nella torre

In questi giorni è in distribuzione in libreria L'ultimo uomo nella torre di Aravind Adiga, pubblicato da Giulio Einaudi Editore. Il 27 febbraio 2012 il Corriere della Sera ha pubblicato la recensione di Livia Manera:
'Bisogna avere rispetto per l'ingordigia umana. Soprattutto in una città come Mumbai, dove l'avidità è la benzina che fa correre il progresso, la crescita, il boom edilizio. E Aravind Adiga, che a Mumbai ci vive, sa, per esempio, che nella sua città non c'è cosa che abbia più valore della terra, oggi; che di conseguenza politici e palazzinari sono pronti a qualunque lusinga, bassezza o violenza, per strappare ai pezzenti le loro baracche; e che nulla al mondo come la promessa di ricchezza ha il potere di distruggere lo spirito di una comunità. Se oggi c'è uno scrittore in una posizione privilegiata per raccontare la nuova India delle gru che lavorano giorno e notte per costruire grattacieli scintillanti di marmo mentre squadre di straccioni demoliscono a colpi di martello edifici pieni di amianto in una nube di polveri tossiche, questo scrittore è l'ex giornalista del «Times» che ha vinto il Man Booker Prize nel 2008 con La tigre bianca (Einaudi). Questa, non quella spirituale, è l'India di Adiga: un universo in metamorfosi in cui il declino del sistema di caste non corrisponde a una crescita della giustizia sociale, in cui il vuoto del governo permette all'invidia e all'ingordigia di prosperare, e in cui la burocrazia crea l'illusione dell'ordine e della giustizia, ma nasconde l'opposto. La prima cosa che viene in mente leggendo L'ultimo uomo nella torre, il terzo romanzo di Aravind Adiga in uscita in questi giorni da Einaudi, è che la «Mumbai novel» è ormai un genere, ricco, ambizioso e con una sua storia che comincia nel 1981 con I figli della mezzanotte di Salman Rushdie (ma tutta la narrativa indiana comincia con I figli della mezzanotte di Rushdie), passa nel 1995 per il capolavoro di Rohinton Mistry Un perfetto equilibrio, nel 2006 per l'epopea di Vikram Chandra Giochi sacri, e approda ora a questo libro comico-malinconico che somiglia a un romanzo dickensiano, con i suoi poliziotti, i suoi malviventi, i suoi ricchi prepotenti, e i piccoli personaggi dalla personalità decisa. (...) In questo marasma sociale tanto demoniaco nella realtà quanto ricco di suggestioni per il romanziere, due individui contrapposti come Masterji e Shah hanno curiosamente molto in comune: entrambi vengono da fuori, entrambi sono vedovi, entrambi hanno figli maschi figli deludenti. Ma se l'eroe del romanzo è Masterji, è a Shah a cui Adiga attribuisce la riflessione più umana. «La verità», dice il costruttore-corruttore parlando degli inquilini delle torri che si appresta a cacciare dal loro quartiere, «è che anche quando dicono di no, sotto sotto vogliono i soldi. E una volta che li fai firmare, ti sono grati. Non vanno mai alla polizia. Dunque, se ci si pensa bene, tutto quello che faccio io è solo renderli consapevoli delle loro stesse intenzioni».'

5 febbraio 2012

Kolkata Book Fair 2012

Chiude oggi la 36esima edizione della Kolkata Book Fair, in corso dal 25 gennaio 2012. L'Italia è il Paese ospite. Fra i partecipanti, segnalo Alessandro Baricco e Dacia Maraini.

Il 26 gennaio il Corriere della Sera ha pubblicato  l'articolo Lo spaesamento professionalmente necessario di Beppe Severgnini:
'Ci sono differenze sostanziali tra la Kolkata Book Fair e la Buchmesse di Francoforte. Se a due ore dall’inaugurazione gli artigiani tedeschi stessero ancora ritagliando i pannelli d’entrata con la sega a mano (due a due, sorridendo), gli organizzatori non la prenderebbero bene. Qui a Calcutta, invece, s’affrontano le cose con filosofia. Comprese la falegnameria, la letteratura e l’Italia, ospite d’onore di quest’edizione della fiera del libro. Venuto per l’inaugurazione, mi trovo a parlare tra Sandokan (Kabir Bedi) e la primo ministro del Bengala, Mamata Banerjee, un formidabile donnino che è riuscito a sloggiare i comunisti dal Bengala dopo decenni. Penso di sognare, tra odori di traffico e jetlag, ma non mi dispiace. Chi scrive deve lasciarsi spiazzare. L’esperienza porta tranquillità, ma uccide la fantasia (non solo nella scrittura). Non so cosa c’è dentro il mio libro in bengali - il traduttore, serafico, spiega che “ha un po’ riassunto” - ma so una cosa, e mi piace. Mi trovo in un Paese che pensa verticale: le cose vanno meglio di ieri e peggio di domani. Noi europei ormai pensiamo orizzontale: meglio o peggio del vicino di casa, del collega, del concittadino, dell’altra regione o dell’altro Paese? Non solo: sempre più spesso, rifiutiamo di lasciarci spiazzare. Se accade, lo sentiamo come una costrizione o ci spaventiamo. Evitiamo l’inatteso. Qui a Calcutta - dove due secoli di presenza britannica sono passati come acqua sui vetri - lo spaesamento non bisogna cercarlo: arriva da solo, con risvolti inattesi. Mi hanno aiutato nella presentazione Carlo Pizzati (“Tecnosciamani”) e una giovane scrittrice indiana, Tishani Doshi, autrice di un sorprendente libro di poesie, “Elsewhere” (altrove). Ieri ha letto “The Adulterous Citizen”, il cittadino adultero, che si apre con una citazione di Suketu Mehta (“Maximum City”): “Sono un residente adultero; quando sono in una città, sogno l’altra. Sono in esilio: cittadino del paese del desiderio”. Per Tishani è il riassunto della sua storia insolita, e la sua storia insolita è ciò che ne ha fatto una donna, una scrittrice e una viaggiatrice: un papà indiano di Madras e una mamma gallese, una vita e un aspetto sospesi in due continenti tra cui non può e non deve scegliere. La storia è raccontata in “The Pleasure Seekers” (i cercatori di piacere), ben tradotto da Gioia Guerzoni, ma ribattezzato purtroppo “Il piacere non può aspettare” (un titolo per cui Feltrinelli dovrà render conto nel giorno del giudizio universale degli editori). “Essere nel mezzo è un grande privilegio”, ha spiegato Tishani dal palco, consapevole d’aver aggiunto l’Italia alla lista delle sue fruttuose complicazioni. E ha concluso: “Uno scrittore è comunque un outsider”. Certo, signorina T.. Il problema è che molti scrittori e giornalisti vogliono essere proprio il contrario. Insider in cerca di sicurezza, che nel nostro mestiere prende molte forme, non tutte salutari'.

Anche Valerio Massimo Manfredi ha partecipato ai lavori. Il primo febbraio Hindustan Times ha pubblicato alcune sue dichiarazioni, Aishwarya acted as if film was for kids:
'The Taj Mahal, actress Aishwarya Rai and Alexander the Great bind famous Italian archaeologist-historian, television presenter and novelist Valerio Massimo Manfredi to India - a country whose heritage he finds iconic. Manfredi is the author of “The Last Legion”, a 2007 Hollywood production starring Colin Firth, Aishwarya and Ben Kingsley. "My character of the leading lady (played by Aishwarya) was totally different. She was from a village but Aishwarya was totally different. She was the lover of the protagonist... but she acted as if the film was for kids," Manfredi told IANS here. The film tells the story of emperor Romulus Augustus' journey to Britain in search of loyal legionaires to take on the "barbarian" invaders. The writer ended up befriending Firth, could not get around to meeting Ben Kingsley and was struck by Aishwarya's eyes. "She has such strong expressive and beautiful eyes. Some little expression of love would have made the film more different. The editing was so much like a video game, so many passages were missing... I am not criticising," Manfredi said. Memories of "The Last Legion" make Manfredi introspective. "I have noticed that everybody who has not read the book liked the film and those who read the book did not like the movie. This is very usual because they are two different kinds of expression. While the book uses words, cinema uses images," Manfredi said. When a novel of "almost 500 pages has to be squeezed into a 90-page screenplay and then reduced to 50 on the computer screen, it becomes 1/10th of the original work", Manfredi said.
The writer was in India to launch the Indian editions of his Alexander trilogy, a series for which he is known the world over. The books, "Child of a Dream", "The Sands of Ammon" and "The Ends of the Earth" (Pan Macmillan) are historical interpretations of the conquerers' life painted on a canvas of facts and fiction. The trilogy has been translated in 34 languages in 55 countries. Manfredi was also deeply moved by the Taj. "I was here three years ago to shoot my programme for Italian television. It was a cultural programme about the Mughal empire. I loved the Taj Mahal. It was a masterpiece - very classic and very beautiful. The green gardens and the mausoleum are so imposing. It reminds me of the Renaissance...," Manfredi told IANS. "It is an image that is almost an icon of India," he said. He is the author of nearly 20 historical novels, several essays on history and archaeology and two screenplays, “The Inquiry” and “The Memoirs of the Hadrian”. Another of his novels, “Tower of the First Born”, has also been made into a movie. “You must be prepared for a lot of cuts. Some are painful cuts but in the end it is a fanstastic experience. In my imagination, I had cast the characters in a different way... when you meet the people you realise they have their own flesh, expression and their body,” Manfredi said. But it is Alexander that lights up Manfredi's face. “He was the great because he was thinking great. Alexander went over the logic of the conqueror and the vanquished,” Manfredi said. Manfredi relies on his American wife to translate his books. “I am in the seventh chapter of by new book. It is an epic set in the 1900s,” the writer said. Manfredi is also working on a big project about India which “he will announce in a few months”. The writer is famous for his “route to the Trophy of the 10,000”, a historical site associated with the march of an ancient Greek army of mercenaries near the Black Sea off Turkish coast. Manfredi had retraced the journey with a British archaeologist'.

Aggiornamento del 21 marzo 2022: il Corriere della Sera pubblicò il reportage di Dacia Maraini il 15 febbraio 2012 (clicca qui).

(Nella fotografia: Kabir Bedi e Beppe Severgnini - Kolkata, 2012)

28 gennaio 2012

Il ballo indiano delle hostess finlandesi

Vi segnalo l'articolo Il ballo indiano delle hostess finlandesi, di Emanuela Di Pasqua, pubblicato ieri dal Corriere della Sera: 'Immaginate di prendere un volo intercontinentale e che, improvvisamente, poco prima del decollo, tutto il personale si scateni in una danza appassionata per due minuti e trenta. (...) Le note sono quelle di Deewangi Deewangi, della pellicola di Bollywood Om Shanti Om, diretta da Farah Khan. Il volo sta partendo da Helsinki e la meta è Nuova Delhi. È il 26 gennaio, anniversario della Repubblica indiana. Tutto inizia con le congratulazioni più sentite da parte della Finnair, la compagnia aerea finlandese, che celebra questa data cruciale ed esorta i passeggeri a bordo del volo AY021 a battere le mani. (...) A quel punto il ritmo bollywoodiano galoppa e lo staff disinvoltamente inizia ad accennare i tipici movimenti che scandiscono i balli indiani. C’è tutto il personale, tante hostess bionde dal fascino tipicamente nordico che seguono la musica e persino un pilota. Pare che l’idea sia stata dell’hostess Helena Kaartinen, che ha curato la coreografia del balletto e postato il video su YouTube. Ora il filmato è diventato virale e vanta già 540.331 visualizzazioni. Ma è in crescita vorticosa, mentre i commenti che si susseguono sono tutti di grande apprezzamento per la Finlandia e ancor più per le bionde hostess. (...) La maggior parte degli imbarcati sembrava divertita e sicuramente stupita. Ma c’era anche qualcuno molto serio, forse preoccupato dalla sorpresa e dall’umore decisamente pazzerello del personale'.