Comunicato stampa: 'L’Università di Siena conferirà la laurea ad honorem in Lettere Moderne a Amitav Ghosh, lo scrittore indiano anglofono più interessante e rappresentativo del nostro tempo. La cerimonia di conferimento si svolgerà giovedì 4 luglio al Rettorato dell’Ateneo senese. (...) Subito dopo, Amitav Ghosh terrà una Lectio Magistralis dal titolo “Intimations of Apocalypse: Catastrophist and Gradualist Imaginings of the Planetary Future”. Lunedì 1° luglio, al Santa Chiara Lab, Amitav Ghosh incontrerà la comunità accademica di Siena nell’ambito del simposio su “Lo scrittore e il mondo: conoscere oltre i confini. Un dialogo con Amitav Ghosh”. “Siamo onorati e lieti di accogliere nella nostra comunità il professor Amitav Ghosh per il conferimento della laurea ad honorem in Lettere moderne - ha commentato il Rettore Roberto Di Pietra. (...) Ghosh è una delle voci più autorevoli della letteratura mondiale e le sue opere sono fondamentali per comprendere dinamiche storiche e culturali complesse con cui siamo e saremo sempre più chiamati a confrontarci. Il suo lavoro offre uno sguardo lucido su temi cruciali, dall’imperialismo alla decolonizzazione, dagli impatti del cambiamento climatico alle migrazioni”.'
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24 maggio 2024
Amitav Ghosh a Siena
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3 aprile 2024
Priya Sharma: Tutte le favolose bestie
È in distribuzione in libreria il volume Tutte le favolose bestie, di Priya Sharma - scrittrice britannica di origine indiana -, pubblicato da Moscabianca Edizioni. Nel comunicato stampa si legge: 'In questa raccolta di racconti, l’acclamata scrittrice britannica Priya Sharma riunisce sedici narrazioni incredibili e mostruose di amore, rinascita, natura e sessualità. Un mix inebriante di mito e ontologia, orrore e macabro moderno. Con consapevolezza e audacia, l’autrice esplora la liminalità e l’alterità, costruendo un mosaico di narrazioni avvincenti e inquietanti. Storie di sorelle, madri e amanti si mescolano a quelle di bestie ferine, serpenti e uccelli. I mondi di Sharma uniscono scenari esotici e città impossibili per raccontarci le interconnessioni tra tutte le creature, in un teatro di dramma, sangue e morte'.
Priya Sharma scrive nel suo sito:
'Ringrazio di cuore il team di Moscabianca Edizioni per il loro impegno, in particolare Lucrezia Pei (traduttrice), Silvia La Posta (editore) e Diletta Crudeli (responsabile editoriale), Alan Bassi (editor) e Francesca Ditoma (correttrice di bozze). La copertina è di Kotaro Chiba. Questo libro è stato originariamente pubblicato in inglese da Mike Kelly della Undertow Publications nel 2018. Ha vinto un British Fantasy Award, lo Shirley Jackson Award ed è stato finalista al Locus Award. Ringrazio anche il mio agente, Alex Cochran, per aver reso tutto questo possibile. Ho avuto la fortuna di essere ospite a Stranimondi a Milano nel 2022 [clicca qui] in occasione della pubblicazione della mia novella, Ormeshadow (Hypnos Edizioni). È stata un’esperienza emozionante: sono rimasta colpita dal loro amore per la narrativa di genere e da quanto tutti siano stati calorosi e accoglienti. Che persone fantastiche. Ed è stato un piacere incontrare Silvia La Posta di Moscabianca Edizioni, che mi ha donato una copia di Monstrorum Historia, che è semplicemente stupendo'.
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30 settembre 2023
Festival delle Idee 2023
La quinta edizione del Festival delle Idee si svolge a Venezia dal 26 settembre al 27 ottobre 2023. Amitav Ghosh sarà ospite dell'evento il 15 ottobre presso il Teatro Toniolo di Mestre.
Aggiornamento del 26 ottobre 2023: ieri mattina lo scrittore ha tenuto la conferenza Embattled Earth: Commodities, Conflict and Climate Change in the Indian Ocean all'Università degli Studi di Torino. Nel pomeriggio Ghosh è stato ospite del Circolo Arci Kontiki, sempre a Torino.
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Festival delle Idee 2023 |
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30 agosto 2023
Festivaletteratura 2023
La 27esima edizione del Festivaletteratura si svolgerà a Mantova dal 6 al 10 settembre 2023. Il 9 settembre la manifestazione ospiterà Deepti Kapoor, alle ore 17.00 presso il Palazzo San Sebastiano, e Shehan Karunatilaka, alle ore 19.15 presso il Palazzo Ducale (Basilica Palatina di Santa Barbara). Shehan Karunatilaka sarà anche a Torino, l'11 settembre alle ore 18.00, presso il Circolo dei Lettori.
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Deepti Kapoor, Mantova |
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Shehan Karunatilaka, Mantova |
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16 giugno 2023
Amitav Ghosh in Italia
Nelle ultime settimane Amitav Ghosh ha partecipato a diversi eventi in Italia. Di seguito le date:
- 27 maggio: nel corso della 14esima edizione dei Dialoghi di Pistoia, lo scrittore ha ritirato il Premio Internazionale a lui assegnato. Video ufficiale;
- 5 giugno: a Milano Ghosh ha inaugurato l'evento Pianeta 2030. Video Corriere della Sera;
- 15 giugno: l'università di Pisa ha organizzato un incontro con lo scrittore;
- dal 18 al 23 giugno: Ghosh sarà ospite dell'evento Ostana Res 2023 a Ostana (Cuneo). Il ricco programma prevede letture pubbliche, tavole rotonde e passeggiate. Video TGR Piemonte (aggiornamento del 22 giugno 2023).
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Milano, giugno 2023 |
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14 maggio 2023
Salone Internazionale del Libro 2023
La 35esima edizione del Salone Internazionale del Libro si svolgerà a Torino dal 18 al 22 maggio 2023. Il 20 maggio Jhumpa Lahiri sarà ospite della manifestazione per la conferenza Moravia è un autore classico?.
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17 ottobre 2022
Amitav Ghosh in Italia
In questi giorni Amitav Ghosh torna in Italia per presentare il suo ultimo lavoro, La maledizione della noce moscata, pubblicato da Neri Pozza Editore. Di seguito le date:
- 17 ottobre 2022, Roma, Casa delle Letterature, ore 18.00
- 18 ottobre 2022, Roma, libreria Feltrinelli di Largo di Torre Argentina, ore 18.00
- 19 ottobre 2022, programma Controcorrente, Rete 4
- 20 ottobre 2022, Milano, Teatro Franco Parenti, ore 18.30
- 20 ottobre 2022, programma Fahrenheit, Rai Radio 3
- 21 ottobre 2022, Torino, Circolo dei Lettori, ore 18.30.
Vedi anche Amitav Ghosh: La maledizione della noce moscata, 18 novembre 2022.
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Torino, 2022 |
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Torino, 2022 |
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17 luglio 2022
Salman Rushdie in Italia
Lo scorso 12 luglio Salman Rushdie era in Umbria, al Castello di Civitella Ranieri, ospite di un evento pubblico nel corso del quale ha letto il primo capitolo di Victory City, il suo nuovo romanzo in distribuzione nel 2023. Nei giorni precedenti lo scrittore era stato avvistato a Capri.
Vedi anche Salman Rushdie: La città della vittoria, 6 febbraio 2023
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7 giugno 2022
Amitav Ghosh in Italia
In occasione del Fuorisalone 2022, ieri Amitav Ghosh era a Milano per l'evento Narrating, organizzato nell'ambito di Prada Frames On Forest, presso la Biblioteca Nazionale Braidense.
Lo scrittore tornerà a Milano il 18 giugno 2022, ospite della manifestazione 2084 - Storie dal futuro, presso l'East River Martesana. Ghosh terrà una conferenza dal titolo Pensare l'impensabile. Comunicato ufficiale: 'Con La grande cecità Amitav Ghosh ha raggiunto un successo planetario: un segnale di speranza, trattandosi di un saggio che riflette sulla assurda divisione tra materie scientifiche e umanistiche, scienziati e artisti. Ma Ghosh è anche un romanziere di lungo corso e Anna Nadotti ne traduce l’opera da più di trent’anni, ricostruendo una lingua meticcia che riflette la polifonia di opere vaste come oceani, voci che rimbalzano tra ricordi e racconti, tracciando mappe di mondi ancora da scoprire'.
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Amitav Ghosh e Elvira Dyangani Ose, Milano, 6 giugno 2022 |
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10 novembre 2021
Amitav Ghosh: Jungle Nama
È in distribuzione in libreria Jungle Nama. Il racconto della giungla, il nuovo lavoro di Amitav Ghosh pubblicato da Neri Pozza Editore. Nei prossimi giorni lo scrittore sarà in Italia. Di seguito le date:
- 15 novembre, Roma, inaugurazione dell'anno accademico dell'Istituto Europeo di Design, lectio magistralis What do we miss when we speak of sustainability?;
- 15 novembre, Roma, teatro Piccolo Eliseo;
- 16 novembre, Roma, evento Green&Blue Open Summit (aggiornamento del 17 novembre 2021: video de La Repubblica);
- 16 novembre programma Fahrenheit, Rai Radio 3;
- 18 novembre, Mestre, museo M9;
- 19 novembre, Torino, Circolo dei lettori;
- 20 novembre, Milano, Castello Sforzesco, evento BookCity.
Aggiornamento del 21 novembre 2021 - BookCity, Amitav Ghosh presenta la sua favola ambientalista: "I cambiamenti climatici sono una violenza", Annarita Briganti, La Repubblica: '"La cosa sconvolgente dell'avidità è che un tempo era considerata negativamente, ma da un certo punto in poi è diventata un 'valore'. Il sistema la glorifica, le élite al potere in tutto il mondo la pensano così. (...) Non si può più nascondere la realtà: i cambiamenti climatici sono una guerra, una violenza. Chi è tra i meno fortunati subisce perdite e deve affrontare situazioni difficili, come in una guerra. Una emergenza che non risale, come dicono gli esperti, alla rivoluzione industriale, ma bisogna andare ancora più indietro, fino al XVII secolo, al colonialismo, alla violenza coloniale. (...) Non c'è solo Greta. Lei rappresenta l'idea del bambino redentore che viene a redimere gli adulti dai loro peccati".'
Aggiornamento dell'11 luglio 2022: intervista video concessa da Ghosh a Rai Cultura nel novembre 2021.
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20 settembre 2020
Festivaletteratura 2020
La 24esima edizione del Festivaletteratura si è svolta a Mantova dal 9 al 13 settembre 2020. Fra gli ospiti, anche la scrittrice Tishani Doshi, a cui la manifestazione ha chiesto un commento:
'Da danzatrice, la prima cosa che faccio prima di entrare in teatro per le prove è piegarmi a toccare il pavimento prima di varcare la porta di legno. È un gesto tradizionale. Per chiedere la benedizione della terra, che ci dà energia, che ci radica. Ma è anche una pausa. Per riconoscere una soglia. Per dire “mi muovo da uno spazio a un altro”. Lascio il mondo esterno per entrare nel mondo interno del teatro. Lascio fuori le preoccupazioni e le ambasce del mondo esterno in modo che in questo spazio interno del teatro il mio corpo possa fare il duro lavoro che deve fare. Posso provare a creare della magia.
Le soglie sono spazi di confine. Per un libro, questo spazio è la copertina. Forse non la si tocca per avere una benedizione, o non la si bacia con amore, ma non appena si gira la copertina e si legge la prima pagina si entra in un altro mondo, separato da quello che sta fuori. Questo mondo del libro è costituito unicamente da parole e, a volte, anche immagini, ma il paesaggio e le avventure sono costruite solo di parole. Parola dopo parola, frase dopo frase. Come i mattoni e la malta che servono per costruire una casa. Il Lettore, come Alice nel paese delle meraviglie, potrebbe cadere nella tana del Bianconiglio e perdersi, potrebbe mangiare qualcosa che lo rende molto grande o molto piccolo, potrebbe essere assorbito da uno stato surreale di febbre o di apatia o di impazienza, perché un libro sospende il tempo, e quando si è nel mondo del libro si fluttua in un altro universo, che non è creato da noi.
Leggere un libro è, in realtà, una delle comunioni più private che esistano. Il lettore e l’autore non hanno bisogno di incontrarsi per condividerlo. Una delle cose più liberatorie della lettura è che si ha il diritto di immaginare le parole di qualcun altro come si vuole, senza interferenze, senza spiegazioni. Quindi perché i festival letterari cercano di farci conoscere quando, onestamente, c’è il pericolo di restare delusi? Perché rischiare?
Un festival come quello di Mantova, per me, è una grande soglia. Un grande territorio di confine che crea un’interfaccia tra lettori e scrittori, che non si limita alle presentazioni, ma che lascia spazio a qualsiasi tipo di conversazione. Uno scrittore scrive una storia, ma un lettore apporta la sua. Veniamo cambiati dalle storie degli altri. Un festival, come una biblioteca, può facilitare ciò che è misterioso. Ciò che non può essere pianificato. La scoperta del libro che abbiamo bisogno di leggere, ma di cui non sapevamo il titolo, o di cui non sospettavamo neanche l’esistenza, ma che ci ha attirato e che non abbiamo potuto fare a meno di prendere in mano. Oppure ci imbattiamo in un evento di un poeta che non avevamo mai sentito, ma che con le sue parole sblocca improvvisamente qualcosa dentro di noi. È il posto in cui capita di intrattenere una conversazione con una persona che ci racconta che ha settantadue anni e che legge un libro quasi ogni giorno da quando ne aveva sei, e che raramente ha l’impressione di imbattersi in qualcosa di nuovo, ma che nel tuo libro è rimasta sorpresa nell’incontrare un’eroina che era vera e complicata e che parlava direttamente a lei. O potrebbe essere semplicemente per dire: “Hai assaggiato i tortelli amari? Sono molto buoni”.
La mia prima mattina a Mantova sono andata a Palazzo Ducale e ho scoperto che basta una sola persona della famiglia per far crollare l’intero castello di carte (Davvero, Vincenzo, come hai potuto?). Ho visto il furgone poetico del festival in Piazza Sordello, che suonava il clacson, annunciando la sua “merce”, e non ho potuto fare a meno di pensare alle sirene che sentiamo tutti dall’inizio di quest’anno, le sirene delle ambulanze e dei camion della disinfestazione che diffondono gli annunci pubblici. Delle televisioni che ci urlano contro cattive notizie, e di come queste risuonino in ogni stanza immaginaria della nostra testa. E di come un festival come quello di Mantova cerchi davvero di riempirci di suoni diversi. Il suono della poesia, delle idee, del racconto, perché anche la letteratura è una sirena gentile. Può essere una canzone. Può essere un avvertimento. Può allontanarci dal mondo e permetterci di rimanere sospesi in uno spazio di creatività e magia e trasformazione, e può forse fornirci qualche indicazione su come ricreare il mondo che ci aspetta là fuori.
L’edizione 2020 del Festivaletteratura è forse meno esuberante di quelle degli anni scorsi, meno frenetica, più misurata. Ma chi di noi è qui dovrebbe ricordarla come l’edizione di un festival di meraviglia e di speranza. Non dovremmo dimenticare che solo qualche mese fa la Lombardia era la regione italiana più colpita dal Covid. Non dovremmo dimenticare quelle sirene. Siamo qui insieme, e questo di per sé è già un atto di commemorazione, un atto di sopravvivenza. È anche un enorme atto d’amore. A tutta la squadra di Festivaletteratura va un grande grazie per aver reso possibile questa soglia. Credetemi, il mondo ci guarda e si meraviglia. Che fortuna essere qui a sentire la sirena della poesia a Mantova, e a condividerla con gli altri'.
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16 aprile 2020
Amitav Ghosh: "E adesso in India sprechiamo come qui da voi"
Vi segnalo l'intervista concessa da Amitav Ghosh a Edoardo Vigna, pubblicata dal Corriere della Sera il 30 marzo 2020. Amitav Ghosh: «E adesso in India sprechiamo come qui da voi»:
'Ora l’acqua alta non c’è più, e nessuno sembra interessato al problema per trovare una soluzione strutturale. Passata l’ansia, ci si gira dall’altra parte... Forse è umano, ed è un po’ ciò che succede con la crisi climatica. (...) Venezia, in particolare, dovrà accettare di convivere con l’acqua alta e le sue drammatiche conseguenze a lungo termine?
«Non è vero che nessuno parla dell’acqua alta, qui a Venezia. L’altra sera ero a cena in una trattoria, nel sestriere del Castello, e il proprietario mi ha portato a vedere fin dove è arrivata l’acqua a novembre. Per lui, e per tanti altri, è stata una catastrofe, anche dal punto di vista economico. Ma Venezia purtroppo, rappresenta in modo più ampio ciò che chiamo il “derangement”, lo sconvolgimento, il disordine del nostro tempo».
Cosa intende?
«Tutti sappiamo che questa città è una delle vittime potenziali del riscaldamento globale, se non riusciremo a fermarlo. Allo stesso tempo Venezia attira e vuole sempre più turisti, che rappresentano business e lavoro, e permette a gigantesche navi da crociera di arrivare fin nel cuore della città - cosa che considero terrificante per i danni che provoca alla laguna e all’intero ecosistema. Tutto ciò per me va al di là dell’immaginazione. Gli ecosistemi sono fragilissimi, e noi ormai lo sappiamo bene, eppure sembriamo non tenerne conto. Venezia cattura il “derangement” del nostro tempo anche in questo senso. Stavo poi passeggiando vicino alla basilica di Santa Maria della Salute, che è di fatto il più grande memoriale di una catastrofe che esista al mondo...».
Un ex voto alla Madonna eretto nel Seicento dai veneziani per la liberazione dalla peste che aveva decimato la popolazione nel 1630-31...
«Esatto. E pensavo: nessuno mai ha ipotizzato un ex voto contro l’acqua alta. Non siamo neppure capaci di realizzare quale tipo di disastro sta avvenendo al pianeta e a tutti noi. E una delle ragioni per cui accade è che nessuno può attribuirlo a un’entità superiore esterna a noi, a una astratta “Natura”. Siamo noi che lo stiamo causando, noi che lo stiamo facendo a noi stessi».
Lei ha scritto che gli alberi, come altri esseri non umani, parlano. Se la Terra potesse farlo, cosa ci direbbe? (...)
«La Terra ci sta già parlando, e in modo chiaro. Non è solo l’acqua alta, penso agli uragani, ai tornado... Voi dovreste saperlo più di altri. L’Italia è uno dei Paesi più colpiti al mondo dalla crisi climatica. Il vostro ecosistema è estremamente fragile. Guardi la Sicilia: uno degli effetti dei ribaltamenti climatici è che il deserto del Sahara si sta espandendo verso Nord, e forme di siccità colpiscono la vostra isola. L’acqua manca ormai anche nelle città, in più momenti durante la settimana. Ma nessuno ne parla: forse la Sicilia e i suoi problemi sono finiti ai margini del discorso pubblico italiano ed europeo. (...) È avvenuto di nuovo nel 2018 e nel 2019. Penso ai recenti incendi in Australia. In Italia è accaduto lo stesso: sono stato da poco in Puglia, a Lecce ho visto la distruzione degli ulivi per la Xylella. So che non è effetto diretto del climate change, ma in realtà c’è un collegamento. (...) Con l’Illuminismo abbiamo cominciato a pensare alle risorse del pianeta come a cose che usiamo e controlliamo. Oggi è chiaro che non controlliamo noi i combustibili fossili, sono loro che ci controllano: così profondamente connessi con la nostra vita ci manipolano. Nella storia, nella mitologia greca come in quella indiana, l’umanità ha sempre temuto il “drago sotto terra”: ecco cosa sono gli idrocarburi. E quando si sveglia il drago... Da questo deriva il caos in cui ci troviamo».
Lei ha distinto un approccio alle catastrofi climatiche “occidentale” e uno “orientale”.
«Sì, all’inizio del secolo scorso, c’era una differenza sostanziale nell’uso delle risorse naturali, nella gestione dell’economia, nel modo di affrontare i cataclismi. Un esempio per tutti: Gandhi si opponeva strenuamente all’economia industriale. Ma oggi quella distinzione non c’è più. Chi va in India, in Cina o in Estremo Oriente vede l’assoluta convergenza verso il consumismo e lo sfruttamento delle risorse come sono concepiti in Occidente. Il vostro pensiero è dominante in ogni senso. Questo è ciò che più di ogni cosa mi disturba».
In concreto cosa significa?
«Quando ero un bambino, a Calcutta, mi è stato insegnato a non sprecare mai niente. Non potevo uscire da una stanza senza spegnere la luce o il ventilatore. Mai. Sarei stato punito! Era una cosa davvero importante. Ora non c’è niente più di questo. È tutto finito. Gli indiani sprecano proprio come fate voi in Occidente. Elettricità, acqua... tutto. Mi ricordo la prima volta che sono andato in America, 33 anni fa, vedevo tutte quelle macchine per strada, ognuna con una sola persona dentro. Allora, in India era impensabile: in ogni auto c’erano almeno tre, quattro persone! (...) Ingenuamente pensavo: l’India non sarà mai così! Ma se va in qualsiasi città indiana vedrà che sono diventate come quelle americane».
Cosa è accaduto?
«Di base, con la caduta del Muro di Berlino, c’è stato il trionfo del neoliberalismo. E l’ideologia ha pervaso e convertito tutto e tutti. Ha conquistato le menti. Mi correggo: in India come in Cina c’è una parte della popolazione, contadini e fattori, coloro che hanno a che fare con la terra, che ancora hanno un approccio diverso al mondo, e questo vale anche in Italia e altrove. Sono le élites globali che la pensano diversamente. “Il popolo di Davos”. (...) Sono stato invitato a Davos due volte, una quindicina d’anni fa. Ci sono andato soprattutto per curiosità. Mi sono reso conto che le élites del mondo vanno davvero lì per dare un’occhiata nel futuro, cercare di capire i problemi, e stringere mani, perpetuando il proprio ruolo di élite. Ma lì ho capito che davvero non comprendono la vera portata di questo problema. Lo dissi, la seconda volta che ci andai. Non mi invitarono più... (...) La gente che va lì, i supermanager, i tycoon, i primi ministri, hanno una e una sola religione: la “crescita. Non conoscono nulla all’infuori di questa».
E non esiste nessuna possibilità di mettere insieme “crescita” e “ambiente”? (...)
«Ci sono stati molti tentativi di costruire una “crescita green”, ma nessuno mi sembra convincente. L’idea della “decrescita” è più facile da rendere compatibile, ma non vedo come i politici possano prenderla in considerazione. (...) In India come in Italia, un politico che si presentasse a dire: abbiamo avuto tanto, ora accontentiamoci per il bene del Pianeta, verrebbe bocciato». (...)
In fondo, se è già difficile portare i temi ambientali anche solo al cuore della letteratura...
«Molti scrittori l’hanno fatto. Il vero problema è che i loro lavori non vengono considerati come letteratura. Vengono bollati come fantascienza, come un genere a parte, mai come narrativa seria».
Lei perché ha deciso di farlo?
«Non avevo un piano... Il libro è partito come di solito fanno i libri. Ho attinto a tante cose che non avevo mai considerato, la storia è arrivata».'
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1 febbraio 2020
Amitav Ghosh in Italia
Amitav Ghosh è in questi giorni in Italia. Il 29 gennaio era a Venezia, invitato dall'Università Ca' Foscari per partecipare all'Environmental Humanities Seminar and Lecture Series del Center for the Humanities and Social Change. Il 31 gennaio, sempre a Venezia, lo scrittore ha tenuto una conferenza dal titolo Imparare dal passato: i libri e il loro futuro in un’epoca di catastrofe, a chiusura del 37esimo Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri. Oggi è stata la volta di Cortina d'Ampezzo, dove lo scrittore è stato ospite dell'evento Una Montagna di Libri. Video TGR Veneto.
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14 novembre 2019
Amitav Ghosh: L'Isola dei fucili
L'Isola dei fucili è il nuovo romanzo di Amitav Ghosh, ambientato in parte a Venezia, pubblicato da Neri Pozza Editore. Lo scrittore in questi giorni è in Italia per la promozione del libro e per partecipare ad alcuni eventi dedicati al tema del cambiamento climatico. Stamattina Ghosh era a Lecce, domani sarà a Napoli, sabato a Verona e a Montecchio Maggiore (Vicenza), domenica a Milano ospite di BookCity 2019, lunedì a Torino.
Vi segnalo l'intervista concessa dallo scrittore ad Alessia Rastelli, pubblicata ieri dal Corriere della Sera. Venezia, parla Amitav Ghosh: «Dal cuore dell’umanità un messaggio per tutti»:
'«Quello che sta accadendo a Venezia è un messaggio che arriva dal cuore del mondo. Venezia è stata centrale nella storia globale, la porta tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. Da lì si leva oggi sul resto del pianeta un avvertimento per il futuro». (...)
Che effetto le fa vedere Venezia davvero sommersa?
«Sono sconvolto. Conosco la città da quarant’anni e la amo molto. Nel 2015 ci ho anche vissuto: ero stato invitato dall’Università Ca’ Foscari. Quanto è successo era del tutto prevedibile, ma è avvenuto in modo molto più veloce di quanto potessimo immaginare: pensavamo che il cambiamento climatico avrebbe avuto un impatto sul mondo fra 15-20 anni, invece incombe già su di noi. Quello che perciò mi sciocca della marea record a Venezia è che diventerà sempre più “normale” per la città. Ora l’Italia si sta davvero confrontando con l’emergenza climatica: è qui tra noi e bisogna farci i conti».
Che cosa bisogna fare?
«Nel breve termine è necessario creare protezioni per difendersi dall’acqua, oppure dal fuoco: anche gli incendi sono un’emergenza in alcuni luoghi del mondo. Ne L’isola dei fucili parlo pure di Los Angeles in fiamme, ma non perché io sia un profeta: lo ripeto, sono fenomeni prevedibili. Quanto alle misure immediate, nel caso di Venezia penso ad esempio a barriere intorno alla basilica di San Marco che impediscano all’acqua di entrare».
E sul lungo termine?
«L’azione più importante è ridurre le emissioni di anidride carbonica. Sulla lotta al cambiamento climatico serve una strategia: a questo punto la questione è già provare a ritardarlo o, almeno, a prevenirne gli effetti peggiori».
Le immagini di Venezia allagata che fanno il giro del mondo, dopo quelle dell’Amazzonia in fiamme, avranno l’effetto di una chiamata all’azione?
«Ovviamente lo spero. Ma per quanto riguarda l’Italia credo che la consapevolezza del problema ci sia da qualche tempo, basti pensare alle alluvioni di Genova. Questo Paese è già, in vari modi, in prima linea sul fronte della crisi ambientale, non fosse altro per i chilometri di costa che senza dubbio lo espongono. Qualche passo si sta già facendo: mi sembra una buona idea quella di inserire nei programmi scolastici l’emergenza climatica».
Serve un maggiore coinvolgimento dell’Europa?
«Sì, assolutamente. Ma l’Italia è sempre stata un laboratorio di cambiamento, a volte nel bene, a volte nel male. Il suo impatto nel mondo è maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare in base al numero degli abitanti. Certo, al momento non c’è un partito verde che emerga con forza come in altri Paesi, ma non è detto che non possa accadere. E poi potete contare su una voce potente, che può fare la differenza: quella di Papa Francesco».'
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31 ottobre 2019
Javed Akhtar: In altre parole, altri mondi
È in distribuzione nelle librerie italiane il volume di poesie In altre parole, altri mondi, di Javed Akhtar, pubblicato da Besa Editrice. Nel comunicato ufficiale si legge:
'In altre parole, altri mondi è la prima opera di Javed Akhtar, autore di culto del subcontinente indiano, pubblicata in traduzione italiana. In queste poesie, partendo da interrogativi all’apparenza quotidiani, persino semplici, Akhtar accompagna il lettore sulla “scacchiera della vita”, dove siamo tutti vincitori e perdenti, divisi dal dilemma dell’appartenenza e della contestazione, che sia a una comunità, una religione, una città, un ideale o un sentimento. L’amore che inganna e confonde, consola e salva; le piaghe della nostra società, con la sua povertà non solo materiale; i conflitti su grande e piccola scala: sono queste le “caselle” che compongono la scacchiera poetica di Akhtar, dove si rincorrono memorie dell’infanzia e ci si ritrova a essere grandi e fuori posto, o viceversa giganti in un mondo troppo piccolo. La raccolta è composta da 45 poesie, tradotte dall’urdu e dall’inglese da Clara Nubile, che firma anche l’introduzione al volume'.
Akhtar era a Roma lo scorso 28 ottobre ospite dell'Ambasciata Indiana (vedi fotografie al termine del testo), e ieri all'Università di Bologna.
Aggiornamento del 20 dicembre 2019: vi segnalo l'intervista concessa da Javed Akhtar a Orlando Trinchi, pubblicata oggi da Il Dubbio. Javed Akhtar: «Nei miei versi un invito alla cultura del dubbio per ripensare la modernità»:
'«Penso che sia essenziale per la poesia porsi delle domande». Tale convincimento sostanzia in profondità e in maniera evidente le 45 liriche che compongono il primo libro di versi tradotto in Italia del noto sceneggiatore e paroliere indiano Javed Akhtar - figura di spicco nell'industria cinematografica di Bollywood e vincitore di prestigiosi riconoscimenti internazionali - intitolato In altre parole, altri mondi e pubblicato recentemente dai tipi di Besa Editrice.
Akhtar, ritiene che il dubbio possa costituire un valore aggiunto per la sua produzione poetica?
Dalla sua origine, vi sono due tipi di umanità: una che ha venerato l'ignoranza - ed è sempre vissuta nel suo alveo - e l'altra che ha posto interrogativi, manifestando un atteggiamento critico nei confronti del reale. In una mia poesia intitolata “Il dubbio”, trova rappresentazione questo duplice modo di porsi nei confronti delle cose e della società e viene esposto un fondamentale quesito: devo andare avanti schiacciando gli altri o devo farmi schiacciare da loro? Il componimento si conclude proprio con la domanda: «Coscienza mia! Tu che sei così fiera del tuo senso della giustizia dimmi a quale verdetto sei oggi giunta?». Il trovarsi scissi tra due tipi di atteggiamenti contrapposti costituisce proprio questo dubbio di fondo.
La poesia appartiene al suo DNA, lei proviene da una famiglia di poeti e letterati...
Non credo che il talento risieda nel DNA. Perché il DNA si modifichi o mostri la propria azione sono necessari molti anni, addirittura secoli. Penso che molto dipenda piuttosto dal contesto culturale in cui si vive, che può favorire certe predisposizioni creative.
Un'altra sua poesia, «Sulla scacchiera della vita», si conclude con i versi «In una mano stringe la vittoria nell'altra la solitudine». Le nostre società non offrono una terza via?
La vita è fatta così. Utilizzerei al riguardo la metafora della montagna: più si ascende più la strada si restringe e aumenta la propria solitudine. Se da una parte si acquisisce la capacità di vedere dall'alto, ottenendo un discernimento più ampio ed esaustivo della complessità dei problemi, dall'altra si diventa sempre più soli. Non si tratta di alternative, ma di due facce della stessa medaglia: la vittoria implica la solitudine.
In molte sue liriche ricorre il tema della città. Ritiene che le odierne città costituiscano veri spazi di socialità o rappresentino meri accumuli di persone?
Penso che costituiscano un caos molto organizzato. In esse la velocità con cui si vive inficia la profondità dello sguardo e dell'esperienza. Se ci si muove continuamente risulta impossibile mettere radici. Mentre nelle grandi città l'esistenza può risultare straniante e a tratti feroce, nei piccoli centri è ancora possibile curare i rapporti interpersonali, sviluppare ritmi più umani e ritagliarsi maggiori spiragli di riflessione su quanto accade. Le metropoli defraudano anche della possibilità di pensare a quello che vivi e, soprattutto, a come lo vivi.
Lei è un intellettuale molto critico e assume spesso posizioni molto personali. Cosa pensa di questo secondo mandato governativo del premier Narendra Modi?
Nelle moderne democrazie niente è permanente, tutto può mutare. Non vi sono governi che durino all'infinito, ma ciascuno di essi, se non ritenuto valido, può essere sostituito. Questo governo è spostato verso destra, mentre personalmente, pur non essendo comunista, sono sempre stato schierato a sinistra. Nella vita, tuttavia, capita di dover accettare dei pacchetti composti da bene e male in diversa misura. Da una parte, trovo talune consonanze con il presente governo - come, ad esempio, per quanto riguarda la mia personale battaglia per la difesa del diritto d'autore, cui nel 2012 è stata dedicata una legge importante - mentre, dall'altra, vi sono naturalmente punti di vista diversi.
In che modo la sua esperienza cinematografica ha influenzato la sua poesia e viceversa?
Fin da bambino ho sempre avuto una grande capacità di visualizzare storie, situazioni e personaggi. Lavorando successivamente come sceneggiatore, ho trasposto questo mio talento naturale in ambito cinematografico. Con grande naturalezza e senza una premeditazione razionale, questa mia capacità di visualizzazione ha influenzato anche la mia attività poetica, spingendomi a imprimere sulla pagina immagini e suggestioni.
Cosa ne pensa del cinema indiano attuale?
Trovo che il panorama del cinema indiano di oggi sia molto complesso e variegato. A pellicole commerciali e mediocri fanno da contraltare film particolarmente sottili e profondi.
Qualche anticipazione sui suoi prossimi progetti?
Ho scritto circa 1500 canzoni e per undici anni ho lavorato come sceneggiatore, prima di fermarmi per un po' di tempo. Ora, tuttavia, credo sia il momento giusto per scrivere un nuovo film e tornare a occuparmi di nuovo di cinema'.
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11 luglio 2019
Salman Rushdie e Amitav Ghosh in Italia
Lo scorso giugno Salman Rushdie e Amitav Ghosh erano in Italia - rispettivamente a Napoli e a Capri - ospiti dell'evento Le Conversazioni.
- Video Museo Madre: Salman Rushdie
- Video e articolo Salman Rushdie in Italia: “La libertà d’espressione è in pericolo in tutto il mondo”, Fanpage, 26 giugno 2019:
'Lo scorso 21 giugno, l'autore indiano naturalizzato britannico è stato ospite de "Le Conversazioni 2019", il festival della letteratura internazionale che da anni fa tappa a Roma, New York e Capri e che da quest'anno ha scelto il Museo Madre di Napoli, dove inaugurare il suo rapporto con la città partenopea. (...) Rushdie ha parlato ai nostri microfoni di diversi temi, dagli Usa di Trump ("Un tempo scrivevo del razzismo e della povertà in India, ora questo vale anche per le nazioni ricche") alla Brexit, dalla libertà di stampa fino al suo amore per i libri di Roberto Saviano ed Elena Ferrante. E, naturalmente, essendo "un'anima migrante", al tema delle migrazioni contemporanee: "Sono stato migrante sin dall'età di 14 anni. Lo sono stato in Inghilterra e lo sono tuttora negli USA. I migranti sono sempre un dono per le società che li accolgono." E l'Italia? Che posto occupa nel cuore di Mr. Rushdie? "Leggo ossessivamente i libri della tetralogia de L'amica geniale," ha dichiarato Rushdie ai nostri microfoni "trovo che sia una delle più grandi scrittrici dei nostri tempi". Parlando di Elena Ferrante, bisogna quindi parlare di Napoli, la città che lo ospita per "Le Conversazioni". Città con cui Rushdie ha un rapporto che arriva da più lontano. "Sono stato qui dieci anni fa e la trovo meravigliosa". Alla città partenopea, dove si è raccontato intervistato da Antonio Monda davanti a un folto pubblico, assiepato sulla bellissima terrazza del Museo Madre, lo scrittore indiano ha dedicato i suoi pensieri quando ha "aperto" il videomessaggio che gli ha inviato Roberto Saviano e che ha strappato un po' di commozione al settantaduenne scrittore di Bombay: "Sono felice di saperti nella mia città, sarebbe bello vederti raccontare Napoli con la tua lingua straordinaria e la tua fantasia pirotecnica". (...) Di quei "Versi satanici" riparla ancora oggi Rushdie, dicendosi sicuro che ancora oggi un libro come quello "troverebbe editori coraggiosi pronti a pubblicarlo". Tema a cui si lega quello della libertà di stampa "messa in pericolo ovunque nel mondo, anche negli USA" e dei pericoli "che gli inglesi non hanno ancora compreso fino in fondo della Brexit".
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19 ottobre 2015
Amitav Ghosh in Italia
Amitav Ghosh sarà a Torino sabato 24 ottobre 2015, alle ore 17.00, presso la biblioteca Andrea Della Corte, ospite dell'evento Salone Off 365. Il celebre scrittore indiano presenterà il suo ultimo romanzo, Diluvio di fuoco, pubblicato da Neri Pozza Editore.
Aggiornamento del 24 ottobre 2015: fine settimana tutto italiano per Amitav Ghosh. Dopo Torino, domani alle ore 17.30 lo scrittore approda a Milano, al Teatro Franco Parenti, ospite dell'evento BookCity Milano.
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Milano, Teatro Franco Parenti, 25 ottobre 2015 |
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1 settembre 2015
Jhumpa Lahiri: In altre parole
A fine gennaio Guanda ha pubblicato il saggio In altre parole, la prima opera scritta direttamente in italiano da Jhumpa Lahiri. Dal 2011 l'autrice vive (anche) a Roma con la famiglia. Vi segnalo l'intervista concessa da Jhumpa a Fulvio Paloscia, pubblicata da La Repubblica il 5 giugno 2015. Jhumpa Lahiri, "l'italiano una scelta di libertà":
'Benvenuta nel Paese di Salvini.
L’altro giorno, a Roma, in una piazza stavano giocando a calcio. La palla mi è capitata tra i piedi, e l’ho resa a quei ragazzi, che mi hanno ringraziata con un “thank you”. Mi sono chiesta: quanto si voleva sottolineare il fatto che io sono straniera? Cosa vuole dire essere italiani? Essere bianchi? Ecco, questa è solo una sfumatura di un fenomeno preoccupante in un’Italia che mi ha dato tanto. Sono ottimista: questo Paese è in trasformazione, e troverà un equilibrio.
Il suo amore per l’Italia è nato dalla lingua, in un viaggio a Firenze.
La storia della città, le conversazioni che ascoltavo per strada, la cadenza (e il fatto che il nostro albergo fosse a pochi passi dalla casa di Dante) si sono connesse in un’ossessione. Una volta partita da Firenze, dove ero arrivata per studiare l’architettura rinascimentale, la lingua ha rappresentato per lungo tempo la città e ciò che di inspiegabile mi aveva lasciato addosso. L’aver studiato latino forse mi aveva predisposta all’italiano, però ho capito subito che questa lingua mi aspettava e attraverso di essa anche questo Paese, la sua cultura, erano ad attendermi.
Era destino, insomma.
L’italiano dà voce al mio desiderio di libertà creativa. È una lingua che ho scelto io, una lingua del disagio visto che devo fare un notevole sforzo per parlarla e scriverla: la mia incertezza nel trovare la parola giusta tra mille tentativi è però anche sperimentazione. Certo, nello scrivere in italiano c’è anche una costrizione dettata, ad esempio, dall’attenzione continua alla costruzione grammaticale. Ma considero la costrizione una condizione propizia per la creatività.
Lo studio dell’italiano l’ha spinta a leggere ed amare i romanzi di Elena Ferrante.
Ammiro moltissimo la scelta di non essere, perché rappresenta la libertà totale, conferisce una maschera efficace, una barriera potente. La mia scelta linguistica ha una motivazione simile, anche io nell’uso dell’italiano provo questa protezione. Uno scudo da me stessa, una sana distanza.
L’italiano ha influito sul suo scrivere in inglese?
Non lo so. Sono tre anni che utilizzo l’inglese solo per la corrispondenza privata e di lavoro. Adesso mi godo questa bolla in cui riesco a parlare, pensare, sognare in italiano. La vostra lingua è come l’ossigeno: un bisogno, un’esigenza, perché rappresenta una trasformazione. Come scrittrice e come persona.
A cosa è dovuto il rifiuto dell’inglese ?
La libertà è troppo preziosa. Tutti gli artisti prima o poi sono in fuga: io per troppo tempo ho cercato il mio punto d’origine, e nell’italiano questo punto non c’è. Percepisco uno scarto tra me ed ogni lingua della mia vita: non leggo il bengalese, l’inglese non appartiene al cento per cento ai miei genitori. Tra me e l’italiano, addirittura, c’è un abisso. Ma è stata una scelta e, come dice Pavese, anche se difficili le scelte sono sempre piacevoli, non opprimono.
Tradurrà lei In altre parole?
No, l’ho affidato ad altri. Mi sembrava di fare un passo indietro, un ritorno, ma io voglio andare avanti. Volevo che la traduzione fosse uno specchio vero del mio italiano e non una specie di italiano inesistente. Adesso ho davanti due libri che mi paiono diversissimi tra di loro.
Anche la copertina di un libro, tema di cui parlerà nella lectio magistralis [a Firenze per il Premio Gregor von Rezzori], è una traduzione, in immagini.
È una maschera. Può ingannare, può tradire, perché deve rappresentare un’opera anche metaforicamente. È stato un analogo saggio di Lalla Romano a ispirarmi questo argomento: è un tema che ha implicazioni molto profonde per uno scrittore, eppure nessuno ne parla. La copertina è la superficie del libro, ma non è superficiale. È come la pelle. È l’identità, che è il tema di tutti i miei romanzi, dove da sempre mi chiedo chi sono, come sono percepita. È struggente affrontare una copertina quando un tuo libro viene pubblicato. Rappresenta la prima lettura collettiva di ciò che hai scritto, percepisci che il libro andrà in mano a un pubblico che non conosci. E dal quale magari vorresti difenderti.
In Italia è stata fortunata: le copertine di Guanda sono di un artista d’eccezione, Guido Scarabottolo.
Mi sono sentita rappresentata dal suo tratto semplice, suggestivo, leggero. C’è un’ambiguità che amo. Mi piacerebbe molto far parte di una collana con uno schema che si ripete. Cerco da sempre l’uniformità, l’appartenenza. Ma lo spaesamento fa parte anche del mio destino editoriale.
Il vestito dei libri è il titolo della lectio. E spesso nei suoi libri gli abiti sono metafora della disappartenenza. Nelle pagine di In altre parole il suo amore per la lingua italiana è raccontato attraverso lo smarrimento di un golfino nero.
Nel testo che leggerò a Firenze spiego l’origine del rapporto conflittuale con le mie copertine attraverso i vestiti, che per me hanno avuto un significato ben oltre la moda. Da piccola il mio armadio era diviso in due: abiti indiani, abiti occidentali. Quando andavo a Calcutta in visita ai parenti, non mettevo vestiti occidentali perché non volevo essere considerata diversa. Ogni bambino vive la diversità dai suoi coetani come una condanna. Agognavo le divise scolastiche dei miei cugini, che davano identità e al tempo stesso ti confondevano tra mille studenti vestiti uguali. Conferivano anonimato. Già allora cercavo l’invisibilità, ma tutto invece mi rendeva “altra”. Sempre. Forse sono diventata scrittrice per sentirmi invisibile. Mentre scrivi sei solo mente, interiorità. Lì l’aspetto non c’entra'.
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7 aprile 2013
Incroci di Civiltà 2013
La sesta edizione del festival letterario internazionale Incroci di Civiltà si svolgerà a Venezia dal 10 al 13 aprile 2013. Amitav Ghosh interverrà in chiusura, il 13 aprile, a partire dalle ore 18.00, al Teatro Goldoni, accompagnato dalla traduttrice Anna Nadotti. Vi segnalo l'intervista concessa da Ghosh a Goffredo Fofi, pubblicata oggi da Il Sole 24 Ore. India e Italia popoli antifragili:
'Nell'arco di tre decenni, Amitav Ghosh si è affermato come il maggior scrittore indiano di lingua inglese della sua generazione, peraltro ricca di nomi importanti, perché ha saputo coniugare nella letteratura - nel romanzo - istanze che molte ideologie critiche contemporanee dicevano superate: l'ambizione a creare storie ampie e articolate con personaggi e vicende che esprimessero le contraddizioni del nostro tempo, sia quando si riferivano a un preciso passato (le radici del presente), sia quando si soffermavano su un oggi tutto da interpretare, sia quando recuperavano canoni antichi di fiaba e di avventura. Amitav Ghosh, ormai uno squisito signore di mezza età che ricordiamo giovanissimo ai suoi primi passaggi italiani, quando venne scoperto e lanciato da Garzanti sulla scia del successo dei romanzi di Rushdie, è ospite della città di Venezia per il festival «Incroci di civiltà» e ha gentilmente risposto alle domande che gli ho posto, la prima delle quali riguardava proprio questo soggiorno. «Sono coinvolto in un progetto che riguarda il Ghetto veneziano e il suo ruolo nella storia delle relazioni interculturali - ha risposto - è un progetto in fieri, al quale cercherò di dare un contributo sul quale sto ancora meditando».
La mia curiosità sui suoi modelli letterari, sia indiani che occidentali, è da sempre molto grande, ed è cresciuta con la lettura dei primi due volumi della «trilogia dell'ibis», o «dell'oppio», edita in Italia da Neri Pozza. Ghosh si presta gentilmente a ricostruire il suo percorso vocazionale anche se, dice, «è difficile rispondere a una domanda su modelli e influenze» perché per lui «la scrittura è iniziata con la lettura», spiega. «Sono un avido lettore fin dall'infanzia, quando leggevo sia in inglese sia in bengalese. In seguito ho letto anche in altre lingue. Come scrittore, sono una sorta di "gazza ladra". Ho avuto la grande e singolare fortuna di essere stato esposto a molte diverse tradizioni e forme di scrittura, che mi hanno tutte influenzato in un modo o nell'altro».
Ma perché - cosa inusuale se non tra scrittori spesso dozzinali - tanto interesse per il «romanzo storico»? «Molti dei romanzieri che ammiro hanno scritto romanzi storici. Sono sempre stato affascinato dalla storia - anche quando ero bambino. Lo scrittore bengalese che mi piaceva di più era Sharadindu Bandyopadhyay, un autore di romanzi storici le cui storie vertevano su un ragazzo di nome Sadashib - oggi la chiameremmo narrativa "young-adult". Amavo leggere anche Walter Scott quando ero adolescente. A scuola passavo ore immerso nella lettura di Scott. Ma la cosa interessante è che anche Sharadindu Bandyopadhyay leggeva Walter Scott, quindi non è che le due tradizioni possano essere separate in modo rigoroso. Analogamente, è evidente che Scott era a sua volta influenzato dai romanzi medievali e dai racconti di cavalleria, molti dei quali debitori delle tradizioni narrative asiatiche (Scott di fatto rivisita alcuni famosi racconti arabi su Saladino). Ancora una volta siamo di fronte a un gioco di intrecci - un gioco che nell'opera di scrittori moderni come Borges e Calvino diventa esplicito. Per tutte queste ragioni mi è quasi impossibile parlare di modelli e influenze, che cambiano di libro in libro, di capitolo in capitolo, di pagina in pagina. Mentre scrivevo il mio ultimo libro, Il fiume dell'oppio, il romanzo che mi ha ispirato di più è stato Zayni Barakat. I misteri del Cairo di Gamal al-Ghitani. Parla del Cairo nel Diciottesimo secolo, e ciò che lo rende interessante è l'uso di editti e proclami, la voce ufficiale della storia per così dire. L'uso che ne fa l'autore mi ha conquistato e mentre scrivevo era una delle cose che avevo in mente».
Tra i temi che sembrano stare più a cuore a Ghosh ci sono il recupero di un rapporto con la natura, oltre la violenza che la modernità le ha riservato, e di una dimensione comunitaria dell'esistenza umana, due modi, infine, di esprimere una critica del potere. E tutto questo ha un evidente rapporto con un altro tema che sembra star molto a cuore al nostro scrittore, quello del rapporto tra i fini e i mezzi, dei mezzi che si staccano dai fini, e si rendono autonomi - non è un discorso nuovo. Ma come è possibile oggi per la letteratura riconquistare il terreno di una riflessione etica e filosofica e tornare a parlare dei dilemmi fondamentali dell'esistenza e del dovere di «non accettazione» del mondo così com'è, o di come il potere dell'economia e della tecnologia - che hanno nei suoi romanzi sfondi necessariamente "imperiali" - vorrebbero che fosse?
Ghosh non si spaventa per questa domanda eccessivamente impegnativa, ma preferisce riportare il discorso sul terreno più specifico della storia. E del romanzo storico. «L'imperialismo - dice -, è stato certamente la realtà politica dominante dell'India del diciannovesimo secolo, ed è impossibile schivarlo in qualsiasi opera ambientata in quel periodo. Sarebbe come scrivere della Venezia medievale senza citare le Crociate. Ma è importante ricordare che l'imperialismo è stato solo uno degli aspetti della realtà indiana: nello stesso momento le persone vivevano, ridevano, amavano, come le persone fanno ovunque e in qualsiasi circostanza politica. Quando rivolgo lo sguardo a quel secolo, a colpirmi è la resilienza, la resistenza, la volontà di cambiamento e la determinazione di imparare. Come i lettori hanno potuto constatare, ci sono tantissime storie che si dipanano simultaneamente in libri come Mare di papaveri e Il fiume dell'oppio che è impossibile imporre un'unica interpretazione a questo viaggio collettivo. Ma riconoscere che il passato è complicato non significa voltargli le spalle, o per vergogna o per desiderio di guardare avanti. Una delle ragioni è che il colonialismo non appartiene al passato, anche nel subcontinente indiano. Il Pakistan, ad esempio, è in una situazione in cui una forma di ricolonizzazione è una possibilità concreta. L'attuale incarnazione dell'Impero è straordinariamente simile a quella antica, con le sue isole prigioni, la sua vasta rete di carceri, e soprattutto l'instancabile sbandieramento delle sue buone intenzioni».'
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LS SHARADINDU BANDYOPADHYAY,
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16 marzo 2013
Libri Come 2013
L'edizione 2013 di Libri Come - Festa del Libro e della Lettura si svolge a Roma dal 14 al 17 marzo all'Auditorium Parco della Musica. Salman Rushdie interverrà alla manifestazione domenica 17 marzo alle ore 21.00 presso la Sala Petrassi.
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