11 febbraio 2014

River to River Florence Indian Film Festival 2013

[Archivio]

La 13esima edizione del River to River Florence Indian Film Festival si è svolta dal 22 al 28 novembre 2013. Lo scorso 28 ottobre Caterina aveva annunciato la presenza di Shabana Azmi in qualità di madrina della manifestazione (clicca qui). Hanno partecipato all'evento anche Abhishek Kapoor e Vijay Varma. The coffin maker di Veena Bakshi ha vinto il premio per il miglior lungometraggio - nel cast Naseeruddin Shah, affiancato dal suo (e mio, ma per ragioni diverse) pupillo Randeep Hooda, e da Ratna Pathak. Fra i titoli in cartellone segnalo Lessons in forgetting, di Unni Vijayan, tratto dal romanzo L'arte di dimenticare di Anita Nair. La sceneggiatura è firmata dalla stessa Nair. LIF si è aggiudicato il National Award per il miglior film in lingua inglese. Dal 14 al 16 febbraio 2014 il festival approderà a Milano, allo Spazio Oberdan. 
- Video La Repubblica: Shabana Azmi: "Violenza sulle donne, tolleranza zero", Claudio Giovannini e Gaia Rau, 22 novembre 2013. 
- L'India di Abhishek Kapoor obbligata al dialogo, Gaia Rau, La Repubblica, 22 novembre 2013:

Abhishek Kapoor

'Tre amici accomunati da un sogno, costruire un'impresa nel mondo del cricket. Sullo sfondo, l'India del 2002, lacerata dalle tensioni tra indù e musulmani. "Kai Po Che" di Abhishek Kapoor è il film che inaugura, stasera all'Odeon alla presenza dell'autore, la 13a edizione di "River to River", il festival dedicato al cinema indiano contemporaneo. Il lungometraggio - il cui titolo fa riferimento a un'esclamazione di vittoria gridata nelle gare di aquiloni: un omaggio, spiega il regista, "allo spirito umano che trionfa sulle avversità con flessibilità e positività" - è stato presentato all'ultima Berlinale, primo film indiano a entrare nella prestigiosa sezione "Panorama".
Abhishek Kapoor, non è la prima volta che i suoi film parlano di sport. Il suo primo lavoro, "Aryan", raccontava la storia di un giovane boxeur. Cosa significa lo sport per lei?
"Kai Po Che" è prima di tutto un film sull'amicizia, ma era essenziale che sullo sfondo vi fosse la purezza dello sport e il suo immenso contributo al nostro benessere. Sono sempre stato uno sportivo: la psicologia dello sport scorre nella mia scrittura e nella mia regia in modo ininterrotto. È una manifestazione dell'eccellenza umana, dello spingersi al limite e poi lanciarsi oltre.
Il film affronta un fatto drammatico per la storia indiana, la strage del treno di Godhra del 2002, in cui 58 pellegrini indù persero la vita in un incendio appiccato da musulmani. Una ferita ancora aperta?
Il mio obiettivo è fare in modo che non ci si dimentichi degli eventi che hanno forgiato il nostro destino di popolo libero e democratico. Ho scelto di narrare una storia di finzione in un contesto di fatti realmente accaduti per trasmettere l'impatto di questa negatività indesiderata sulla vita delle gente comune: innocenti che diventano vittime involontarie. Con un modello come Gandhi, come possiamo noi, come nazione, non reagire a quello che è accaduto a Godhra? Quell'incidente deve farci pensare, far parte della nostra coscienza collettiva.
Nonostante la tragedia, nel film l'amicizia trionfa. Una professione di ottimismo?
Sono un regista: voglio condividere, non predicare. Stimolare, non giudicare. Mi considero una persona patriottica ed ottimista e spero che, come nei classici, il bene trionfi. Ma i problemi non si risolvono da soli. A meno che il popolo indiano non creda davvero nella risoluzione dei conflitti religiosi, la strada davanti a noi resterà sempre impegnativa.
È la sua prima volta in Italia. Conosce il nostro cinema?
L'Italia ha uno spirito antico, che unisce un cuore caldo a una mente raffinata. In un certo senso, è come tornare a casa. Ho la fortuna di conoscere la genialità dei maestri italiani, penso a capolavori come "Ladri di biciclette", "8 ½", "Nuovo Cinema Paradiso", ma anche "La vita è bella", "Malena", "Io sono l'amore": film accomunati da una realtà adulta vista dalla prospettiva innocente di un bambino. Ed è stato proprio un film italiano, "La dolce vita" di Fellini, a insegnarmi che la mente è fatta per essere sbalordita.
Qual è il suo rapporto con Bollywood?
Lo vedo come una matriarca tradizionale che varca la soglia dell'era digitale cercando il proprio equilibrio, a passo di bambino. Sono nato con Bollywood, vi sono cresciuto dentro. Mi ha stimolato e costretto ad avventurarmi al di fuori del suo abbraccio rassicurante, ad espandere la mia visione, a riscoprire gli autori e a trovare la mia voce. Un viaggio che mi ha portato dove mi trovo adesso'.



Vijay Varma