15 agosto 2016

Shah Rukh Khan: Il 're di Bollywood' e l'immigrazione

Vi segnalo l'articolo Il «re di Bollywood» e l'immigrazione. Se negli Usa la realtà supera il cinema, pubblicato oggi dal Corriere della Sera (sorvolo sulla fotografia): 

'Shah Rukh Khan è l’attore più famoso dell’India, e nel 2009 aveva recitato in un film in cui un indiano che arriva negli Usa deve convincere gli agenti che non è un terrorista. Ma per tre volte dal 2009 è stato davvero fermato per ore dai funzionari in aeroporto.
«Comprendo e rispetto appieno i controlli di sicurezza nel mondo in cui viviamo oggi, ma essere trattenuto dall’immigrazione americana ogni maledetta volta è davvero una seccatura». A parlare, via Twitter, è Shah Rukh Khan, 50enne attore indiano soprannominato «King Khan» o «re di Bollywood». Nella galassia scoppiettante e miliardaria dell’industria cinematografica indiana, Khan è il volto più noto. In India è una star così famosa che in certi casi si sfiora l’idolatria. Nel cinguettio dello scorso 12 agosto, Khan ha espresso tutto il suo disappunto e il suo lamento per l’ennesima esperienza di alcune ore di detenzione e controlli da parte del dipartimento all’Immigrazione degli Stati Uniti dell’aeroporto internazionale di Los Angeles. A dire il vero, Shah Rukh Khan non aveva menzionato il nome e la località dell’aeroporto in cui era stato trattenuto. A farlo, sempre via twitter, Rich Verma, l’ambasciatore americano in India, che si è voluto pubblicamente scusare col celebre attore per l’inconveniente: «Ci perdoni per il problema all’aeroporto di Los Angeles. Stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo. Il suo lavoro è fonte d’ispirazione per milioni di persone, anche negli Usa».
Il film che ha anticipato la realtà
In effetti quel «stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo» è indicativo: questa è la terza volta che il divo bollywodiano Shah Rukh Khan finisce nelle inflessibili grinfie dei controlli dell’immigrazione americana negli aeroporti. Dei buchi neri spazio-temporali in cui si viene sottoposti a sessioni di domande disparate che possono durare anche diverse ore. Dalle origini della propria famiglia - e un cognome come Khan, di origine mongola ma diffuso in tutta l’Asia centrale, soprattutto tra i musulmani, non aiuta - fino alle proprie abitudini e occupazioni. 
La piccola odissea personale di Shah Rukh Khan con l’immigrazione americana è iniziata nel 2009. E il primo episodio sembra davvero tratto dalla sceneggiatura di una commedia cinematografica: atterrato nello scalo di Newark, nel New Jersey, per promuovere il film «My name is Khan», Il mio nome è Khan, l’attore nato a Nuova Delhi è trattenuto per diverse ore nelle stanze dei controlli di sicurezza. Ironia della sorte, il film parla proprio della discriminazione razziale dei musulmani dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, in cui il protagonista interpretato da Khan finisce al centro di numerosi equivoci all’aeroporto di San Francisco dove deve lottare per convincere gli agenti che non è un terrorista. L’altro episodio nel 2012 a White Plans, New York, mentre stava andando a tenere un discorso agli studenti di Yale. Altra disavventura sopportata con stile: «Ogni volta che mi sento troppo arrogante, faccio un viaggio in America», ha detto alla giovane e divertita platea dell’università americana.
Una grande lezione di umiltà
Ma al di là del tweet di sfogo, anche questa volta il «re di Bollywood» ha poi reagito con grande eleganza e simpatia. Sempre attraverso il social network, ha fatto una sorta di piccola cronaca commentata dell’evolversi degli eventi. Con punte di raffinata ironia: «Il lato divertente della vicenda è che, mentre aspetto, posso catturare qualche bel Pokémon», mostrandosi un fan e un giocatore del gioco Pokémon Go. E a chi gli manifestava solidarietà insultando i funzionari dell’immigrazione dell’aeroporto e affermando che «anche il personale diplomatico americano è sottoposto a controlli extra», l’attore indiano ha dato una grandissima lezione di dignità e umiltà: «Non ci sono cretini (in aeroporto, ndr) signora. Rispetto il protocollo, non mi aspetto di esserne al di sopra. Apprezzo la sua cortesia, ma è solo un inconveniente».'

Ecco il testo originale del botta e risposta erroneamente tradotto nell'articolo: 
@NishaBiswal: 'Sorry for the hassle at the airport, @iamsrk - even American diplomats get pulled for extra screening!'
@iamsrk: 'No hassle madam. Respect the protocol, not expecting to be above it. Appreciate your graciousness, it's just inconvenient'
Nisha Biswal, di origini indiane, è una funzionaria del governo americano.