24 agosto 2016

Deepika Padukone in Italia

Lo scorso luglio Deepika Padukone ha trascorso con la sorella una settimana in Toscana per frequentare un corso di cucina.

22 agosto 2016

Sultan in Italia

Incredibile, inconcepibile, irreale, ma vero! Lo scorso 6 luglio (e date successive), per la prima volta nella storia, una mega produzione in lingua hindi è stata proiettata in Italia, in versione originale con sottotitoli in inglese, in contemporanea con l'India! Si tratta di Sultan, l'attesissimo nuovo film interpretato da Salman Khan. La sala, il cinema Beltrade a Milano. Altre città: Bergamo e Roma.
Ed è solo l'inizio...

Effetto nostalgia all'indiana. Bollywood sbanca il Beltrade, Simona Spaventa, La Repubblica, 6 luglio 2016:
'Composti e silenziosi, noi in India saremmo definiti "spettatori di tipo A: di classe". Rarissimi laggiù, dove la gran parte rientra nella categoria C, ovvero la "mass audience", il pubblico di massa che al cinema va per urlare all'apparire dei divi, ballare al ritmo delle danze di Bollywood, fare un tifo sfrenato quando si menano le mani: insomma, far festa. Che esista perfino una classificazione degli spettatori (il tipo B sono le famiglie con bambini, per chi se lo stesse chiedendo) la dice lunga sulla popolarità del cinema nel Subcontinente, che vanta l'industria dei sogni più forte al mondo almeno per quantità di film prodotti (un migliaio all'anno), e un pubblico di un miliardo e 200 milioni di persone folle e appassionato. E dove ogni proiezione si trasforma, in sala, in uno spettacolo nello spettacolo. Un rito collettivo che mancava a due ragazzi, Joginaidu Lalam detto Jogi, 23 anni, e Uday Guntupalli, 25, a Milano per master in ingegneria e informatica al Politecnico, che hanno deciso di portare Bollywood anche qui e hanno fondato un'associazione: la Italy Indian Cinemas. Primo titolo, stasera al Beltrade in contemporanea con la première in India (in hindi con sottotitoli inglesi, repliche sabato e domenica mattina), è Sultan di Ali Abbas Zafar, blockbuster con la muscolatissima superstar Salman Khan nel ruolo di un campione di wrestling che da uno sperduto villaggio trionfa alle Olimpiadi di Londra.
«Agli indiani interessano solo due cose: il cricket e il cinema - racconta Jogi mentre il cellulare squilla per le prenotazioni (stasera è sold out) - Per lo sport si va al parco Lambro, ma per i film è complicato: dall'India non arriva nulla, e i film di Hollywood sono doppiati. E poi noi siamo abituati a un cinema di intrattenimento puro, con canzoni, danze e scene comiche, andarci il venerdì per le nuove uscite è un appuntamento fisso, lo sfogo che tutti aspettano dopo una settimana di lavoro». E che anche a Milano vorrebbero in tanti, se si pensa che in città gli indiani sono 20 mila, e poi ci sono pakistani, bengalesi, cingalesi, tutti interessati ai film di Bollywood, e a quelli di Tollywood, Kollywood, Mollywood, la vasta costellazione delle cinematografie nelle diverse lingue dell'India: «A Milano vivo da due anni, ormai mi ci sento bene. Ma mi manca qualcosa. Noi adoriamo le nostre star, mi manca la festa che si fa in sala, con coriandoli, fischietti, urli e balli. Al Politecnico siamo in 400 studenti indiani, voglio che i 200 che arriveranno a settembre si sentano già a casa, non soffrano di nostalgia come me». E se gli fai notare che lui è della generazione che i film li guarda al computer, Jogi sorride: «Ma quale computer? In India il cinema è un punto di incontro, l'occasione per stare insieme. I film bisogna guardarli in sala». La prossima "prima" sarà il 29 luglio col gangster movie in tamil Kabali col grande Rajinikanth, l'attore più pagato del Subcontinente'.

20 agosto 2016

Contro Isis la musica di Bollywood

Vi segnalo l'articolo Contro Isis la musica di Bollywood, di Marta Serafini, pubblicato dal Corriere della Sera il 3 giugno 2016:

'Le chiamano operazioni di psychological warfare, guerra psicologica. Tecniche di disturbo impiegate per far innervosire il nemico e per diminuire la sua forza di propaganda. Secondo i quotidiani di Londra, le SBS, le forze speciali britanniche, e i Jsoc statunitensi stanno utilizzando un nuovo sistema contro i jihadisti. Chiave di volta per far saltare i nervi agli uomini del Califfato è la musica di Bollywood, già messa al bando dai talebani perché considerate blasfema. Risultato, accade che a Sirte, in Libia, dove i jihadisti hanno imposto la sharia (vietando tra le altre cose la musica), da automobili con altoparlanti piazzate vicino ai checkpoint di Isis partano all’improvviso delle canzoni hindu riprodotte a tutto volume. Orario preferito per «iniziare le danze», all’alba mentre i miliziani dormono. Ma non solo. Sulla scia delle operazioni di cyberwarfare lanciate in Libia di recente (...) i militari riescono a inserirsi nelle conversazioni via radio dei jihadisti e, anche in questo caso, fanno partire le canzoni con l’obiettivo di innervosire e disorientare il nemico. «Sono misure che stanno funzionando», ha dichiarato una fonte militare al Mirror. Che ha aggiunto: «Abbiamo anche studiato i loro tempi di reazione nell’individuare la fonte della musica, analizzando i loro punti deboli».' 

19 agosto 2016

Saif e Sara Ali Khan in Italia

Lo scorso giugno Saif Ali Khan e la figlia Sara erano in vacanza in Italia. I due sono stati avvistati in un ristorante a Venezia.

18 agosto 2016

Masaan in Italia

A partire dallo scorso primo giugno, Masaan, diretto da Neeraj Ghaywan, è stato distribuito nelle sale italiane, doppiato nella nostra lingua, col titolo Tra la terra e il cielo. Masaan è interpretato da Richa Chadha e Vicky Kaushal. Proiettato in prima mondiale al Festival di Cannes 2015, sezione Un certain regard, Masaan si era aggiudicato due premi: Prix de l'Avenir e FIPRESCI. A Masaan è stato inoltre conferito il National Film Award per la migliore opera prima. Trailer

- Recensione di Aldo Spiniello, Sentieri Selvaggi, primo giugno 2016: 
'Al suo primo lungometraggio dopo un passato nel mondo del marketing, Neeraj Ghaywan prova ad andare controcorrente. Si fa alfiere di un cinema indipendente, lontano dallo strapotere dell’industria bollywoodiana. E perciò concentra gran parte della sua attenzione sulla dimensione sociale, la critica di un sistema che, nonostante tutte le trasformazioni economiche in atto, è ancora legato ad antiche concezioni discriminanti. La divisione in caste, che influenza ancora nel profondo i rapporti sociali, il peso della religione sulla valutazione morale dei comportamenti. E poi il maschilismo di sostanza, nonostante l’emancipazione femminile sembri andare di pari passo allo sviluppo economico. E poi, su tutto, lo spettro della corruzione e l’incanto demoniaco del denaro. (...) Ma se dal punto di vista degli argomenti, Ghaywan sembra volersi smarcare dalla scintillante produzione mainstream, il suo stile appare pienamente conforme, ben al riparo dal rischio di soluzioni personali, di traiettorie visive dirompenti. Il tono romantico, il linguaggio veloce e accattivante, una confezione di lucida pulizia, l’utilizzo diegetico della musica e delle canzoni. (...) Tutto rientra alla perfezione nei canoni estetici delle maggiori produzioni indiane. Eppure, per uno strano paradosso, è proprio questa convenzionalità di fondo a garantire la tenuta del film. Perché, sebbene il racconto a doppia traiettoria mostri a tratti un eccesso meccanico, Tra la terra e il cielo sa delineare con delicatezza e amore dei personaggi forti, memorabili, grazie anche agli interpreti. (...) Riscoprendo la magia del racconto, Ghaywan segue i suoi protagonisti sul filo di emozioni e sentimenti sinceri, toccanti. E, alla fine, ci lasciamo andare con tenerezza a questo gioco del destino e dell’amore, che si ferma al principio di tutto. Di un’altra storia, tutta da vivere'.

- Recensione di Cristina Piccino, Il Manifesto, 2 giugno 2016: 'Ghaywan costruisce un meccanismo narrativo semplice ma di grande forza, che utilizza una regia precisa, sempre accanto ai suoi bravi attori, senza retorica né sentimentalismi, e in questa infelicità diffusa mescola molti generi, dal melò al tragico al documentario specie nel modo di condurci negli spazi in cui si muovono i personaggi, in strada, tra i gesti di ogni giorno'.

- «Tra la terra e il cielo»: Ghaywan e il passaggio in India, intervista concessa a Luca Pellegrini, Avvenire, 2 giugno 2016: 
'«Lavoravo in una società - racconta il cineasta di Mumbai -, mi occupavo di economia, ma ero in crisi, avevo abbandonato tutto perché mi piaceva il cinema, da sei mesi i miei genitori non mi rivolgevano più la parola. Un amico mi aveva parlato dei ghat a Varanasi, le gradinate di pietra che conducono agli argini del Gange dove si incontrano i fedeli che si immergono nelle acque del fiume sacro e pregano e dove tradizionalmente vengono accese le pire per le cremazioni. Mi aveva spiegato che chi si occupa di cremare i corpi è privo di ogni emozione e gestisce il lavoro secondo codici antichissimi. Sono rimasto affascinato dal suo racconto. Ho cominciato così a immaginare la storia di Deepak, che appartiene alla casta degli intoccabili, i dalit, perché soltanto loro possono fare questo lavoro, considerato un atto impuro. L’idea era quella di seguire lo sviluppo anche emozionale di una persona che è a contatto con la morte ogni giorno».
Come si è preparato al film? 
«Ho studiato due anni quell’ambiente, mi sono trasferito a Varanasi per parlare con le persone che lavorano giorno e notte sui ghat, per osservarli, capire il senso del loro lavoro. A dire il vero, nemmeno gli indiani sanno molto degli addetti alle cremazioni. Per questo dovevamo essere molto precisi. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura, mettendo insieme i volti e le storie che avevo visto e ascoltato». 
È stato difficile girare le scene delle cremazioni? 
«All’inizio avevamo deciso di girare sui veri ghat ma poi abbiamo pensato che non sarebbe stato rispettoso per le persone che nel lutto piangono i loro morti. Così abbiamo trovato un ghat abbandonato e lì abbiamo allestito il set per girare le scene più intense». 
Mark Twain disse della città sacra di Varanasi: “È più antica della storia, più antica della tradizione, persino più antica della leggenda e ha l’aria di essere più antica di tutte e tre messe insieme”. Che cosa rappresenta per lei Varanasi?
«È conosciuta come la città dei morti, il luogo più sacro dell’India, dove la gente si prepara a morire perché per la religione induista solo così puoi accedere alla salvezza. Eppure la gente che ci lavora è talmente piena di vita! Parlano di tutto: di sport, cibo, politica, cultura, divertimento. Ho percepito un enorme contrasto. Ma Varanasi fino ad oggi era stata rappresentata al cinema come un luogo esotico o ancor peggio turistico, mentre io volevo descriverla così come è. Comunque il mio film non è sulla città ma sulla gente che vi abita. Volevo tornare all’umanità dell’India e alle sue contraddizioni e raccontarle dal punto di vista dei giovani».
I quali si trovano come accerchiati, però, dalla forza delle tradizioni. 
«Siamo una grande democrazia ma fronteggiamo ogni giorno la tradizione legata alla nostra cultura. Varanasi ne è lo specchio, il simbolo. Il film rappresenta questa realtà: c’è gente anziana ma anche giovani che affrontano questo stato di cose. Il nostro è un mondo soggetto al cambiamento. I ragazzi vogliono emanciparsi da queste imposizioni, si sentono prigionieri. Non a caso, ciascuno dei protagonisti del film desidera fuggire, magari solo dalla sua condizione. Poi c’è il problema delle caste, che nel nostro Paese è ancora grandissimo. Nessuno lo vuole affrontare perché è troppo complesso. Nel film il problema non è centrale, ma c’è. Deepak è un dalit, ambizioso, vuole affrancarsi da questo giogo, essere se stesso, innamorarsi della ragazza che gli piace. È un bravo studente, cerca un lavoro. Devi invece è tranquilla, vuole solo conoscere se stessa e amare il suo ragazzo. Ma anche questo in India può essere un problema, perché la nostra è una società protezionistica e protettiva». 
Ma lei nel suo film dimostra anche un profondo amore per l’India... 
«Sì, ma non voglio nemmeno passare per un nazionalista. Voglio solo riconoscere che ci sono cose giuste e cose sbagliate. Non giudico e non commento. C’è modernità e chiusura, gli anziani non amano che le tradizioni siano messe in discussione. Nel film c’è un poliziotto corrotto che ricatta il padre di Devi, il quale si trova nel mezzo di questi due mondi, perché è anche colto e progressista. Ma entrambi sono in una situazione di degrado: l’uno vuole evitare lo scandalo e uscire dall’umiliazione in cui lo ha portato il comportamento della figlia, e per questo accetta di corrompere, l’altro sfrutta questa debolezza. Sono tutti e due moralmente riprovevoli. Come regista ho cercato di mantenere una bussola morale». 
Ha affermato che il tema della morte aleggia su tutti i suoi personaggi. Perché? 
«Nel film c’è il tema della perdita, ma anche la necessità di affrontarlo in modo catartico. Non si tratta solo di perdere qualcuno di amato, ma di fare di tale perdita un modo per crescere, per diventare più saggi. È quello che succede a Deepak che accetta la morte improvvisa di Shaalu e a Devi che capisce il punto di vista del padre. Tutti e due aspirano a raggiungere un luogo. Per me il film è un racconto di formazione, in cui il dolore può essere positivo e non portare alla disperazione».
Nella scena finale, assai evocativa, i due ragazzi che poco prima si erano incontrati nel pianto, salgono su una piccola barca, al tramonto. 
«Due persone come loro, colpite così duramente, cercano di liberarsi dal peso del dolore. Hanno capito che quanto è successo loro in passato se ne sta andando e che sono finalmente liberi di poter affrontare il futuro, qualsiasi esso sia. La barca naviga verso uno dei luoghi più sacri per la religione indù, il Sangam, ossia la confluenza di tre fiumi, Gange, Yamuna e il mitico Saraswati: per loro è una meta anche metaforica, dove potrebbe avvenire la rigenerazione. Rasserenati, stanno pacificamente andando incontro alla speranza».'

Aggiornamento del 20 ottobre 2016: da oggi è in vendita il DVD di Tra la terra e il cielo. Nei contenuti speciali solo il trailer. L'audio è in italiano e in hindi con sottotitoli in italiano.

15 agosto 2016

Shah Rukh Khan: Il 're di Bollywood' e l'immigrazione

Vi segnalo l'articolo Il «re di Bollywood» e l'immigrazione. Se negli Usa la realtà supera il cinema, pubblicato oggi dal Corriere della Sera (sorvolo sulla fotografia): 

'Shah Rukh Khan è l’attore più famoso dell’India, e nel 2009 aveva recitato in un film in cui un indiano che arriva negli Usa deve convincere gli agenti che non è un terrorista. Ma per tre volte dal 2009 è stato davvero fermato per ore dai funzionari in aeroporto.
«Comprendo e rispetto appieno i controlli di sicurezza nel mondo in cui viviamo oggi, ma essere trattenuto dall’immigrazione americana ogni maledetta volta è davvero una seccatura». A parlare, via Twitter, è Shah Rukh Khan, 50enne attore indiano soprannominato «King Khan» o «re di Bollywood». Nella galassia scoppiettante e miliardaria dell’industria cinematografica indiana, Khan è il volto più noto. In India è una star così famosa che in certi casi si sfiora l’idolatria. Nel cinguettio dello scorso 12 agosto, Khan ha espresso tutto il suo disappunto e il suo lamento per l’ennesima esperienza di alcune ore di detenzione e controlli da parte del dipartimento all’Immigrazione degli Stati Uniti dell’aeroporto internazionale di Los Angeles. A dire il vero, Shah Rukh Khan non aveva menzionato il nome e la località dell’aeroporto in cui era stato trattenuto. A farlo, sempre via twitter, Rich Verma, l’ambasciatore americano in India, che si è voluto pubblicamente scusare col celebre attore per l’inconveniente: «Ci perdoni per il problema all’aeroporto di Los Angeles. Stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo. Il suo lavoro è fonte d’ispirazione per milioni di persone, anche negli Usa».
Il film che ha anticipato la realtà
In effetti quel «stiamo lavorando per assicurarci che non accada di nuovo» è indicativo: questa è la terza volta che il divo bollywodiano Shah Rukh Khan finisce nelle inflessibili grinfie dei controlli dell’immigrazione americana negli aeroporti. Dei buchi neri spazio-temporali in cui si viene sottoposti a sessioni di domande disparate che possono durare anche diverse ore. Dalle origini della propria famiglia - e un cognome come Khan, di origine mongola ma diffuso in tutta l’Asia centrale, soprattutto tra i musulmani, non aiuta - fino alle proprie abitudini e occupazioni. 
La piccola odissea personale di Shah Rukh Khan con l’immigrazione americana è iniziata nel 2009. E il primo episodio sembra davvero tratto dalla sceneggiatura di una commedia cinematografica: atterrato nello scalo di Newark, nel New Jersey, per promuovere il film «My name is Khan», Il mio nome è Khan, l’attore nato a Nuova Delhi è trattenuto per diverse ore nelle stanze dei controlli di sicurezza. Ironia della sorte, il film parla proprio della discriminazione razziale dei musulmani dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, in cui il protagonista interpretato da Khan finisce al centro di numerosi equivoci all’aeroporto di San Francisco dove deve lottare per convincere gli agenti che non è un terrorista. L’altro episodio nel 2012 a White Plans, New York, mentre stava andando a tenere un discorso agli studenti di Yale. Altra disavventura sopportata con stile: «Ogni volta che mi sento troppo arrogante, faccio un viaggio in America», ha detto alla giovane e divertita platea dell’università americana.
Una grande lezione di umiltà
Ma al di là del tweet di sfogo, anche questa volta il «re di Bollywood» ha poi reagito con grande eleganza e simpatia. Sempre attraverso il social network, ha fatto una sorta di piccola cronaca commentata dell’evolversi degli eventi. Con punte di raffinata ironia: «Il lato divertente della vicenda è che, mentre aspetto, posso catturare qualche bel Pokémon», mostrandosi un fan e un giocatore del gioco Pokémon Go. E a chi gli manifestava solidarietà insultando i funzionari dell’immigrazione dell’aeroporto e affermando che «anche il personale diplomatico americano è sottoposto a controlli extra», l’attore indiano ha dato una grandissima lezione di dignità e umiltà: «Non ci sono cretini (in aeroporto, ndr) signora. Rispetto il protocollo, non mi aspetto di esserne al di sopra. Apprezzo la sua cortesia, ma è solo un inconveniente».'

Ecco il testo originale del botta e risposta erroneamente tradotto nell'articolo: 
@NishaBiswal: 'Sorry for the hassle at the airport, @iamsrk - even American diplomats get pulled for extra screening!'
@iamsrk: 'No hassle madam. Respect the protocol, not expecting to be above it. Appreciate your graciousness, it's just inconvenient'
Nisha Biswal, di origini indiane, è una funzionaria del governo americano.


14 agosto 2016

Locarno Film Festival 2016

Ieri sera, nella magica cornice della Piazza Grande, si è conclusa la 69esima edizione del Locarno Film Festival (3-13 agosto 2016) con la proiezione, fuori concorso, di Mohenjo Daro, la nuova pellicola in costume scritto e diretto da Ashutosh Gowariker, interpretato da Hrithik Roshan, Pooja Hegde (al suo debutto a Bollywood) e Kabir Bedi. La colonna sonora è di A.R. Rahman. Trailer. L'evento è stato introdotto dallo stesso regista e da Kabir, entrambi ospiti della manifestazione. 
MD è in distribuzione nelle sale indiane da venerdì 12 agosto. L’accoglienza della critica e del pubblico è stata tiepida. Vi ricordo che la prima italiana di MD è prevista per oggi alle ore 15.00 al cinema Beltrade di Milano, con altre proiezioni alle ore 18.00, alle ore 21.00, domani alle ore 16.00 e alle ore 20.00, e martedì alle ore 20.00. In cartellone anche a Genova, al cinema Cappuccini, oggi alle ore 17.00. E non può mancare Roma: cinema Giulio Cesare, il 14, 15 e 16 agosto.









12 agosto 2016

India Film Fest

Dal 16 al 18 giugno 2016 si è svolto l'India Film Fest alla Casa del Cinema di Roma. Fra i titoli in cartellone: Bang Bang!, Gulaab Gang, Tezz.  
Vi segnalo la cronaca del dibattito Cultura, cinema e mercato dell'audiovisivo in India e Asia, Non solo Bollywood, Anna Quaranta Taxidrivers, 20 giugno 2016:

'Il primo ostacolo da superare, in molti casi, è la richiesta del visto per i componenti del cast tecnico che arriva in Italia per girare un film: è per questo motivo che sono entrate in campo le istituzioni come le Ambasciate e i Consolati, che hanno predisposto la creazione di un “visa-film”, un visto le cui modalità di ottenimento sono più snelle e vanno incontro alle esigenze delle troupe cinematografiche. Questo consentirebbe non soltanto alle produzioni cinematografiche ma anche a quelle televisive, di film d’animazione e con effetti speciali, che dispongono di budget molto importanti, di venire in Italia. 
E lo scambio consentirebbe sia al pubblico indiano che a quello italiano una conoscenza maggiore delle rispettive cinematografie; il primo conosce Fellini, Antonioni e Bertolucci, ma non ha mai visto le opere dei cineasti italiani appartenenti alle generazioni più giovani, il secondo è convinto che il cinema indiano sia solo quello in lingua hindi di Bollywood, quando in realtà, nel grande sub-continente indiano coesistono altre cinematografie che si esprimono nelle diverse lingue parlate dalla popolazione. 
In una realtà sempre più strutturata e articolata nel campo dell’industria cinematografica, dove le produzioni televisive sono concentrate a New Delhi e quelle cinematografiche a Bombay, e dove i produttori e gli autori possono incontrarsi e scambiarsi progetti al film festival di Goa, quello di cui si sente la necessità sono i mestieri del cinema come la formazione degli attori, gli sceneggiatori, le professioni tecniche e quelle legate al trucco e ai costumi: tutte ottime opportunità che una co-produzione italo-indiana potrebbe offrire agli italiani che lavorano in questi ambiti. Anche l’esperienza in termini di fruizione è sicuramente diversa da quella italiana: la partecipazione al film da parte degli spettatori indiani è collettiva e attiva, cosa che forse nel nostro Paese si sta un po’ perdendo per via delle piattaforme on-demand che consentono la visione privata del film'.

11 agosto 2016

Akshay Kumar, Twinkle Khanna, Asin e Gayatri Joshi in Italia

Lo scorso giugno Akshay Kumar e la moglie Twinkle Khanna, Asin e Gayatri Joshi (con le rispettive famiglie) erano in vacanza sul lago di Como. Asin è stata avvistata anche a Milano, Roma, Sorrento e Capri. Nella fotografia a sinistra: Akshay, Twinkle, Gayatri (col marito) sul Lago di Como.

Akshay Kumar

Asin all'Aero Club di Como

Lago di Como

Asin

Capri

Capri

Milano

Asin

10 agosto 2016

Rubik's Cube (o Ek Raadha Ek Meera): le riprese in Italia

Mahesh Manjrekar a Lecco
La troupe del film in lingua marathi Rubik's Cube, diretto da Mahesh Manjrekar, è in questi giorni a Lecco e a Varenna per effettuare alcune riprese.

Aggiornamento dell'8 ottobre 2023: Rubik's Cube risulterebbe mai distribuito. Alcuni siti indiani sostengono però che il titolo della pellicola sia stato successivamente modificato in Ek Raadha Ek Meera, film distribuito il 23 novembre 2018, il cui cast (Gashmeer Mahajani, Mrunmayee Deshpande) coinciderebbe con quello di Rubik's Cube. Vi propongo il trailer di EREM.




Beyond Bollywood a Milano

Il musical Beyond Bollywood verrà allestito al Teatro Arcimboldi di Milano dal 4 al 9 ottobre 2016. Sono già aperte le prevendite. Promo.

Nimrat Kaur in Wayward Pines - stagione 2

L'attrice indiana Nimrat Kaur è nel cast della seconda stagione della serie Wayward Pines. Il primo episodio andrà in onda in Italia il 29 agosto 2016 alle ore 21.00 su Fox.

Saheba: le riprese in Italia

Fra maggio e giugno 2016 la troupe del film in lingua kannada Saheba, diretto da Bharath e interpretato da Shanvi Srivastava e da Manoranjan Ravichandran, aveva soggiornato in Italia per circa un mese. La seconda metà di maggio era a Milano, Locarno e Venezia. Il 26 maggio a Verona (piazza Bra, ponte Pietra, piazza Erbe). Altre riprese sono state effettuate in seguito sul lago di Garda (Peschiera, Lazise, Castello di Malcesine), sul Monte Baldo e in Lessinia (Eremo di San Moro e San Mauro di Saline). E poi a Desenzano, Sirmione, Lonato del Garda (Rocca di Lonato). Vi segnalo i video dei brani Heegethake e Kolige Ranga.

Lazise

Lago di Garda

Le prime del 5 agosto 2016: Fever

Fever, scritto e diretto da Rajeev Jhaveri, interpretato dal fascinoso Rajeev Khandelwal, nasconde una grossa sorpresa: nel cast troviamo anche l'attrice italiana Caterina Murino. Trailer

Farah Khan in Italia

Lo scorso marzo Farah Khan era in vacanza in Italia con la famiglia. Roma, Pisa e Venezia le località prescelte.

9 agosto 2016

Kabir Bedi: set in Italia di The Broken Key

Dal 4 al 6 febbraio 2016 Kabir Bedi ha soggiornato all'Hotel MiraMonti di Frabosa Soprana (Cuneo). A Saliceto e alle Grotte di Bossea e del Caudano si sono svolte le riprese del film The Broken Key, diretto dal regista italiano Louis Nero.


8 agosto 2016

Rakeysh Omprakash Mehra in Italia

Lo scorso 3 febbraio Rakeysh Omprakash Mehra era a Torino. Il regista scriveva in Twitter: 'At the opening of #museumofcinema Turin - it was like visiting a temple'.

Badlapur: recensione de La Stampa

Sriram Raghavan ha collaborato alla stesura della sceneggiatura di Badlapur - sceneggiatura basata sul romanzo L'oscura immensità della morte di Massimo Carlotto -, e ha diretto l'intrigante pellicola, interpretata da un cast di prim'ordine guidato dagli ottimi Varun Dhawan e Nawazuddin Siddiqui, distribuita nelle sale indiane nel febbraio 2015 (riscontrando un discreto successo di pubblico nonché il favore entusiasta della critica). Trailer.

Vi segnalo la recensione di Carlo Pizzati, pubblicata da La Stampa il 6 gennaio 2016:
'Può sembrare buffo immaginarsi i personaggi padovani di Silvano Contin, borghese al di sopra di ogni sospetto, e Raffaello Beggiato, criminale di medio livello, che si tramutano in due indiani della periferia di Mumbai con nomi come Raghu Pratap Singh e Liak Mohammed Tungrekar. Ma la città del Veneto prealpino ha qualcosa in comune con la terra desolata di Badlapur, stazione del treno a un’ora da Mumbai e titolo di un thriller di successo emerso quest’anno da Bollywood. Il noir indiano Badlapur è ispirato al giallo del padovano Massimo Carlotto, L’oscura immensità della morte, storia di crimine, vendetta e redenzione. Ma è anche una spietata critica a un sistema giudiziario che prevede il parere di vittime o parenti delle vittime per la domanda di grazia. (...) C’è da sorprendersi se un regista di successo di Bollywood scova nell’hinterland padovano personaggi che s’adattano così bene alla Nuova India? No, perché la struttura sociale da era post-industriale, le differenze di classe o di casta, la fragilità etica, ma soprattutto la disperazione e rabbia umane di fronte alla violenza sono universali. E dopotutto, come dice Salman Rushdie, gli indiani guardando gli italiani si sentono «di fronte a uno specchio dove possono ammirarsi come in una traduzione». (...) Ecco, magari nella sceneggiatura hanno dovuto limare il ruolo intermediario del prete cattolico, e trasformare la volontaria con giro di perle e villetta in una funzionaria di un’Ong. Ma è così sorprendente che un rapinatore omicida come Tungrekar si comporti con la stessa astuzia affamata, ma poi anche con la grandezza espiativa di un furbo Beggiato? Le differenze ci sono. Ma solo nei dettagli. Invece di mangiarsi la solita pasta, la famiglia nei ricordi del vedovo indiano si spazzola un contemporaneo «chili con carne» messicano, prodotto d’una globalizzazione alimentare che unisce le culture. Invece di parlare un italiano fin troppo ripulito per il contesto padovano come nel romanzo di Carlotto, sentirete dialogare in quel famoso hinglish da classe media, dove si miscela hindi e inglese. I poliziotti maneschi e sovrappeso sono gli stessi. La borghesia ben vestita con auto non troppo costose, ma nuove, ha colori un po’ più sgargianti nella versione Bollywood, piuttosto che nell’ambientazione veneta. Ed è pur sempre India, quindi spunta una specie di danza del ventre quando una prostituta cerca di sedurre il vedovo vendicativo con un ritmo bhangra-funky che unisce seduzione e rabbia. (...) Il film è girato bene, con ottimo montaggio, fotografia calda e precisa che dipinge questo purgatorio metaforico, nella suburra industriale tra Mumbai e Pune, sfondo di una storia che incrocia una rabbia legittima a un male senza senso, dove l’odio fermenta fino a snaturare in una crudeltà precisa e fredda. Con finale a sorpresa. (...) Oggi (...) la nuova Bollywood viene ad attingere per le sue storie anche tra gli angoli affaticati della nostra decadente Europa. Che in materia di riflessione sugli errori della contemporaneità, siano essi del sistema della giustizia o dell’ingiustizia sociale, è il caso di dirlo, ne ha da vendere'.