Sriram Raghavan ha collaborato alla stesura della sceneggiatura di Badlapur - sceneggiatura basata sul romanzo L'oscura immensità della morte di Massimo Carlotto -, e ha diretto l'intrigante pellicola, interpretata da un cast di prim'ordine guidato dagli ottimi Varun Dhawan e Nawazuddin Siddiqui, distribuita nelle sale indiane nel febbraio 2015 (riscontrando un discreto successo di pubblico nonché il favore entusiasta della critica). Trailer.
Vi segnalo la recensione di Carlo Pizzati, pubblicata da La Stampa il 6 gennaio 2016:
'Può sembrare buffo immaginarsi i personaggi padovani di Silvano Contin, borghese al di sopra di ogni sospetto, e Raffaello Beggiato, criminale di medio livello, che si tramutano in due indiani della periferia di Mumbai con nomi come Raghu Pratap Singh e Liak Mohammed Tungrekar. Ma la città del Veneto prealpino ha qualcosa in comune con la terra desolata di Badlapur, stazione del treno a un’ora da Mumbai e titolo di un thriller di successo emerso quest’anno da Bollywood. Il noir indiano Badlapur è ispirato al giallo del padovano Massimo Carlotto, L’oscura immensità della morte, storia di crimine, vendetta e redenzione. Ma è anche una spietata critica a un sistema giudiziario che prevede il parere di vittime o parenti delle vittime per la domanda di grazia. (...) C’è da sorprendersi se un regista di successo di Bollywood scova nell’hinterland padovano personaggi che s’adattano così bene alla Nuova India? No, perché la struttura sociale da era post-industriale, le differenze di classe o di casta, la fragilità etica, ma soprattutto la disperazione e rabbia umane di fronte alla violenza sono universali. E dopotutto, come dice Salman Rushdie, gli indiani guardando gli italiani si sentono «di fronte a uno specchio dove possono ammirarsi come in una traduzione». (...) Ecco, magari nella sceneggiatura hanno dovuto limare il ruolo intermediario del prete cattolico, e trasformare la volontaria con giro di perle e villetta in una funzionaria di un’Ong. Ma è così sorprendente che un rapinatore omicida come Tungrekar si comporti con la stessa astuzia affamata, ma poi anche con la grandezza espiativa di un furbo Beggiato? Le differenze ci sono. Ma solo nei dettagli. Invece di mangiarsi la solita pasta, la famiglia nei ricordi del vedovo indiano si spazzola un contemporaneo «chili con carne» messicano, prodotto d’una globalizzazione alimentare che unisce le culture. Invece di parlare un italiano fin troppo ripulito per il contesto padovano come nel romanzo di Carlotto, sentirete dialogare in quel famoso hinglish da classe media, dove si miscela hindi e inglese. I poliziotti maneschi e sovrappeso sono gli stessi. La borghesia ben vestita con auto non troppo costose, ma nuove, ha colori un po’ più sgargianti nella versione Bollywood, piuttosto che nell’ambientazione veneta. Ed è pur sempre India, quindi spunta una specie di danza del ventre quando una prostituta cerca di sedurre il vedovo vendicativo con un ritmo bhangra-funky che unisce seduzione e rabbia. (...) Il film è girato bene, con ottimo montaggio, fotografia calda e precisa che dipinge questo purgatorio metaforico, nella suburra industriale tra Mumbai e Pune, sfondo di una storia che incrocia una rabbia legittima a un male senza senso, dove l’odio fermenta fino a snaturare in una crudeltà precisa e fredda. Con finale a sorpresa. (...) Oggi (...) la nuova Bollywood viene ad attingere per le sue storie anche tra gli angoli affaticati della nostra decadente Europa. Che in materia di riflessione sugli errori della contemporaneità, siano essi del sistema della giustizia o dell’ingiustizia sociale, è il caso di dirlo, ne ha da vendere'.