Aishwarya Rai in Enthiran |
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Sto per offrirvi una vera chicca. Nel luglio 2011 Aelfric Bianchi pubblicava per Forma Cinema il breve saggio Spazio: ultima frontiera del cinema indiano?, nel quale analizzava il rapporto fra fantascienza e produzione cinematografica popolare. Di seguito un estratto:
'Koi... Mil Gaya. (...) Raro esempio di convergenza tra successo di pubblico e alto apprezzamento della critica. (...) Ponendo in atto un'intelligente ed equilibrata mediazione tra istanze artistiche ed esigenze di mercato, non rinnega i tipici stilemi della cinematografia popolare, (...) ma li padroneggia con sapienza e originalità e li sfrutta come mezzo di trasmissione di un messaggio forte, impegnato e impegnativo, in linea con la tendenza della nuova Bollywood, che (...) si avvale proprio degli stereotipi dei masala movies per veicolare contenuti difficili a platee tradizionalmente poco inclini ad accogliere novità troppo rivoluzionarie. (...) Koi... Mil Gaya rielabora elementi di un genere definito come la science fiction alla luce della sensibilità e della cultura indiana, in perfetta adesione all'eclettico sincretismo che caratterizza - a tutti i livelli - lo spirito del Subcontinente. Esemplificativo in tale prospettiva è l'espediente adottato per giustificare la venuta sulla Terra degli extraterrestri, richiamati da un segnale radio molto particolare: la sillaba mistica Om, ripetuta, in infinite varianti, da un mirabolante elaboratore elettronico.
Tale fu il successo del film, pur così anomalo nel panorama bollywoodiano classico, da generare un sequel, Krrish, (...) lodato dalla critica e accolto con straordinario calore dal pubblico. (...) Questo secondo capitolo (...) è assurto al rango di autentico fenomeno di costume, giustificando appieno l'etichetta di cult movie. Un colossal per molti versi epoch-marking, a buon diritto considerato capofila di un filone nuovo per il cinema indiano, ma assai popolare in ambito hollywoodiano: il Superhero movie. (...)
Krrish può vantare ormai diversi epigoni, ma anche un illustre antesignano: Mr. India. (...) Il film, tra i maggiori successi degli anni Ottanta e ancor oggi oggetto di un'affezione tanto intensa da sfiorare l'adorazione religiosa da parte di folte schiere di fan, è il primo Superhero movie indiano e, sorprendentemente, a dirigerlo è Shekhar Kapur, il regista che, con Bandit Queen, inaugurò un'autentica rivoluzione copernicana nel policromo ma in ultima istanza immobile mondo di Bollywood, imprimendo una svolta epocale che avrebbe indotto molti registi commerciali a rinunciare ai suoi più tipici stilemi, a cominciare dalle canzoni e dalle coreografie faraoniche, senza tuttavia astenersi da un utilizzo mirato e funzionale del linguaggio e dei valori del pubblico tradizionale. Un autore poliedrico e proteiforme, (...) che ha saputo acquisire grande notorietà anche in Occidente, (...) ed evidenziando sempre una incoercibile e talora persino violenta carica innovatrice e dissacratoria. (...)
Alla logica commerciale del mainstream sembra invece sottrarsi il film Deham, (...) del veterano Govind Nihalani. (...) Il film coniuga fantascienza e impegno sociale. Amara e dolente riflessione sui conflitti economici, politici e culturali tra mondo capitalistico e paesi poveri e sulle loro conseguenze potenzialmente devastanti, si allinea piuttosto all'ideologia della nuova Bollywood. (...) In una cupa e soffocante Mumbai del 2022, Om Prakash, un giovane disoccupato, è indotto dalla disperazione ad accettare l'offerta della Interplanta, una multinazionale che opera illegalmente nel settore dei trapianti su commissione di ricchi clienti: vendere i propri organi in cambio di una vita agiata per la sua famiglia. Falsificando il proprio stato civile per firmare il faustiano contratto (la società per evitare complicazioni giuridiche ammette infatti soltanto donatori single), pone le basi di una progressiva e inesorabile discesa agli inferi: alla frustrazione della moglie Jaya, costretta a fingersi sua sorella, si aggiunge la sconvolgente scoperta che le parti asportate verranno sostituite con elementi artificiali, trasformandolo in un ibrido uomo-macchina, un cyborg. Dominato da atmosfere fosche e intriso di un claustrofobico pessimismo, Deham ribadisce la propria estraneità al circuito nazionalpopolare adottando la lingua inglese. (...) Nonostante l'accoglienza tiepida del pubblico e della critica, anche in virtù di scelte stilistiche non sempre convincenti e di effetti speciali rozzi e artigianali, il film rappresenta comunque un esperimento di grande interesse e originalità, documentando altresì la crescente attenzione dedicata da Bollywood alla science fiction'.