28 gennaio 2012

Indian Highway

Domani chiude la mostra Indian Highway, allestita al MAXXI di Roma dal 22 settembre 2011. Nel sito del MAXXI si legge: 
'Indian Highway è una rassegna collettiva itinerante che presenta, attraverso una vasta scelta di opere, il panorama complessivo della scena artistica indiana contemporanea. Esposta per la prima volta alla Serpentine Gallery di Londra nel 2009, Indian Highway ha toccato prestigiose sedi internazionali fino ad arrivare al MAXXI, per concludersi a Nuova Delhi nel 2013. In ogni tappa, la mostra assume una sua particolare fisionomia, con opere pensate ed esposte appositamente per l’occasione. La mostra al MAXXI rappresenta quindi un’emozionante e attesa opportunità per conoscere l’innovativa ricerca artistica indiana e costituisce il primo approfondimento affrontato da un museo italiano sull’arte di questo affascinante paese. Con 30 artisti, 60 opere, tra cui 4 installazioni site specific pensate per il MAXXI, e una serie di lavori qui esposti per la prima volta nella loro monumentalità, l’esposizione propone un’ampia rappresentazione del panorama creativo di una tra le maggiori regioni asiatiche e riflette gli sviluppi economici, sociali e culturali dell’ultimo ventennio. Partendo dal significato dell’autostrada come elemento di connessione tra i flussi migratori che si spostano dalla periferia alla città, Indian Highway racconta lo sviluppo tecnologico, il boom economico, la crescente centralità mondiale che il subcontinente riveste dal punto di vista artistico a partire dagli anni Novanta. La mostra può essere idealmente divisa in tre macroaree:
Identità e Storie dell’India: indaga temi politici, sociali, religiosi come la guerra tra India e Pakistan, le lotte religiose, la labilità dei confini nazionali. Tra le opere esposte: il grande dipinto di Fida Husain (recentemente scomparso, protagonista della scena indiana per oltre 70 anni, cui è dedicata l’intera mostra) fa riferimento agli attacchi terroristici a Mumbai del novembre 2008; il video The Lighting Testomonies di Amar Kanwar racconta, attraverso le testimonianze di donne violentate, la guerra tra India e Pakistan; il video I Love My India di Tejal Shah affronta la repressione dei musulmani in Gujarat nel 2002 mentre quello di Shilpa Gupta, 100 Hand Drawn Maps of India, riflette il senso di insicurezza e instabilità dei confini nazionali.
Metropoli Deflagranti: sui temi dell’espansione e del caos urbano, dell’abbandono delle periferie. Simbolo della mostra, l’installazione wallpaper Dream Villa 11 di Dayanita Singh, quasi un’insegna luminosa ripetuta per 80 metri nel corridoio vetrato al primo piano, visibile dalla piazza: riproduce una metropoli contemporanea dall’alto, avvolta in una luce blu, con le grandi highway come fiumi di fuoco. Tra le opere esposte: la scultura Transit di Valay Shende, il grande camion in tondini di alluminio, che contrasta con Autosuarus Tripous, lo scheletro di un tradizionale risciò in ossa di resina di Jitish Kallat, mentre l’installazione di Subodh Gupta lunga 27 metri con pentole e stoviglie allude al pranzo degli operai.
Tradizione Contemporanea: esplora la rielaborazione di antiche forme espressive della cultura indiana, come la miniatura, la ceramica, la pittura a inchiostro. Le installazioni site specific Strands di N. S. Harsha e di Hemali Bhuta ne sono esempio, come anche le grandi tavole smaltate di Nalini Malani che alludono ai racconti mitici'.